8 per mille, un miliardo ogni anno alle chiese

In epoca di crisi economica, di dichiarato ridimensionamento del bilancio dello stato, di povertà dilagante, c’è una voce di spesa dello stato che non da’ segnali di crisi: quella dell’8 per mille.

Ogni anno, in maniera costante, oltre un miliardo di euro viene distribuito tra varie organizzazioni rappresentanti altrettante confessioni religiose.

Fa la “parte del leone”, naturalmente, la Chiesa Cattolica ( 1.002.916.591 di euro, dato definitivo dichiarazione redditi 2019, [1] ), mentre somme considerevolmente minori sono assegnate alla Chiesa Valdese ( 42.166.649 ), all’Unione Buddista Italiana ( 13.765.744 ), e via via a scendere agli altri culti pattizi approvati per un totale di 1.082.163.619 euro ( 2019 ), escluso la quota destinata allo stato italiano.

L’operazione è figlia del governo guidato da Bettino Craxi, e risale alla legge 222/85 entrata in vigore poi nel 1990. L’otto per mille sostituiva la “congrua” ovvero una somma che lo stato all’epoca versava per il sostentamento del clero e pari all’incirca a metà di quanto costa oggi al contribuente il nuovo strumento.

La legge 222/85 presenta diverse “incongruenze” e forse pure delle illegittimità che nel tempo sono state più volte segnalate dalla Corte dei Conti ( nelle relazioni 2014, 2015, 2016 e 2018 ) ma rispetto alle quali, in buona sostanza, nessun governo ha mai deciso di dare risposta.

Forse per non inimicarsi la Chiesa Cattolica e il suo elettorato, in definitiva.

La deliberazione n. 16 del 2014 [2] risulta particolarmente succosa nell’elencare i “punti critici” dell’otto per mille.

8 per mille, un costo pesante per le finanze pubbliche

L’attenzione della Corte dei Conti, il massimo organo di controllo delle finanze dello stato, si è focalizzata innanzitutto sul costo complessivo dello strumento, ben oltre il miliardo di euro annuo come detto.

« I fondi destinati alle confessioni risultano ingenti, tali da non avere riscontro in altre realtà europee – precisa – e sono gli unici che, nell’attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati ».

Per essere più esplicita, la Corte dei Conti ricorre da un esempio: « l’onere finanziario si comprende dalla comparazione, ad esempio, con quanto assegnato al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che, per il 2013, non ha raggiunto il miliardo e 700 milioni. Ciò significa che, negli ultimi anni, la contribuzione alle confessioni religiose ha superato i due terzi delle risorse destinate per la conservazione del patrimonio artistico del Paese ».

Otto per mille: La questione delle scelte inespresse

La relazione dei giudice contabili poi precisa: « la percentuale pari all’8 per mille del gettito complessivo dell’IRPEF è, comunque, distribuita ai beneficiari; la mancata formulazione di un’opzione non viene presa in considerazione: infatti l’intero ammontare viene ripartito sulle sole scelte espresse. Ciò suscita perplessità. Entrano nel computo delle scelte non espresse anche le dichiarazioni dei defunti nell’anno ».

« Grazie al meccanismo di attribuzione delle risorse dell’8 per mille, i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata, godendo di un notevole fattore moltiplicativo, essendo irrilevante la volontà di chi rifiuta il sistema o se ne disinteressa; infatti, l’ammontare è distribuito ripartendo anche le quote di chi non si è espresso, in base alla sola percentuale degli optanti. Su ciò non vi è un’adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati ».

« Il riparto delle scelte non espresse avvantaggia soprattutto i maggiori beneficiati », spiega la Corte!

In proposito, secondo gli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle Entrate (2023 inerenti le dichiarazione dei redditi 2019), la scelta della destinazione dell’8 per mille è stata espressa solo in 16.818.511 dichiarazioni su un totale di 41.525.982, vale a dire solo nel 40,5% dei casi [1].

Dall’esame dei dati delle scelte dei contribuenti risulta chiaro come la parabola di attrattività della Chiesa Cattolica sia in calo!

La Chiesa Cattolica è sì stata selezionata da 12.064.379 contribuenti ma i numeri percentuali sono scesi lentamente ma costantemente ogni anno: dal 37,15% sulle dichiarazioni dei redditi 2008 fino a 29,05% del 2019 ( ultimo dato definitivo ), proseguendo la discesa ancora fino al 27,93% sui redditi 2021 ( dato provvisorio ).

Lo stato, invece, è scelto solo da 3.805.519 di contribuenti (3,80%) ma la percentuale lasciata allo stato è salita dal 3,14% del 2008 al 9,16%, dato provvisorio del 2021. Terzo posto per la Chiesa Valdese (489.512 scelte, 1,77%) e quarto per l’Unione Buddhista Italiana (159.447 scelte, 0,38%).

Diritto comparato europeo sull’8 per mille

Il rigore della Corte dei Conti sulla materia si completa con un’analisi della normativa dei maggiori paesi europei sulla materia.

« In alcuni Paesi europei, quali la Francia, l’Irlanda e il Regno Unito – svela la Corte dei Conti –, le confessioni non fruiscono di contributi pubblici e devono ricorrere esclusivamente all’autofinanziamento, dal momento che la funzione di promozione religiosa non è ritenuta una competenza della Stato, in attuazione del principio separatista, secondo cui è compito esclusivo dei fedeli il sostentamento delle confessioni ».

Invece, « in Germania, le confessioni ricevono i proventi di una tassazione aggiuntiva a totale carico dei cittadini fedeli, cui, tuttavia, è possibile sottrarsi in caso di mancata adesione ».

Anche in Spagna, come in Italia, esiste la possibilità di attribuire una quota dell’imposta sui redditi alla Chiesa cattolica – il 7 per mille, in questo caso -, ma con « la percentuale effettiva della propria imposta che, nel caso in cui non venga espressa alcuna preferenza, resta a disposizione della Stato ».

« L’applicazione del sistema spagnolo all’Italia – sentenzia quindi la Corte dei Conti – comporterebbe, per la fiscalità generale, un minor esborso per oltre seicento milioni di euro » annui!

Infine, per concludere il compendio del confronto col diritto negli altri europei, i magistrati citano l’esistenza della possibilità di « eventualmente [contribuire] anche a favore di enti che perseguono un fine di religione negativo » ( gli atei e gli agnostici, cioè ). « L’accesso ai finanziamenti di tali organizzazioni è riconosciuto in Belgio e in Norvegia », ci informa la relazione della Corte dei Conti.

L’8 per mille: uno strumento che discrimina le religioni

Per accedere al finanziamento, le varie confessioni religiose interessate devono stipulare un accordo con il governo, atto soggetto poi ad approvazione da parte del parlamento.

« L’accesso all’8 per mille – quindi – costituisce uno dei motivi di maggiore interesse per una confessione religiosa per stipulare un’intesa con lo Stato », spiega la Corte dei Conti.

In sostanza, « l’esistenza dell’intesa è divenuta criterio discriminante per il finanziamento delle confessioni, accedendo queste all’8 per mille solo in presenza di un accordo pattizio trasfuso in legge. In assenza di una legge sulla libertà religiosa, la discrezionalità governativa nella selezione delle confessioni e quella parlamentare nell’approvazione – con l’eventuale esclusione di alcune – si configura come una possibilità disparità di trattamento e violazione del pluralismo confessionale per l’irragionevolezza della limitazione ».

Religioni come quella islamica, o eventuali nuove religioni, non troverebbero necessariamente accesso al finanziamento della propria attività tramite l’8 per mille.

« La sola confessione che, pur avendo stipulato un’intesa, rifiuta il contributo è la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni », precisa in merito la Corte dei Conti.

Allo stato non interessa l’otto per mille

Nella propria relazione 2014, la Corte dei Conti denuncia « la totale assenza – negli oltre 20 anni di vigenza dell’istituto – di promozione delle iniziative, risultando lo Stato l’unico competitore che non sensibilizzi l’opinione pubblica sulle proprie attività con campagne pubblicitarie ».

A questo si aggiunge la frequente « distrazione dei fondi statali per altri scopi da quelli dichiarati ».

« Al fine di garantire la piena esecuzione della volontà di tutti, la decurtazione della quota dell’8 per mille di competenza statale va eliminata: è, infatti, contrario ai principi di lealtà e di buona fede che il patto con il contribuente venga violato », “intimano” i magistrati contabili.

8 per mille ai culti e 5 per mille al terzo settore: il confronto

« Anche l’istituto del 5 per mille è uno strumento finalizzato a favorire la partecipazione dei contribuenti nella destinazione di una parte delle risorse pubbliche a favore di organizzazioni portatrici di finalità ritenute meritevoli dal legislatore ».

« Tuttavia, il regime del 5 per mille risulta più rispettoso dei principi di proporzionalità, di volontarietà e di uguaglianza. Nel regime del 5 per mille,

  • se i contribuenti non scelgono, la parte non optata mantiene la natura di tributo erariale e rimane acquisita al bilancio dello Stato.

Al contrario, per l’8 per mille, il contributo viene trattenuto anche a chi non opera alcuna scelta. Nell’8 per mille, i beneficiari non incassano in base alla capacità contributiva degli optanti, ma ricevono la loro quota sui numero delle scelte acquisite, indipendentemente dall’Irpef versata dai loro contribuenti; in altri termini, il dichiarante non destina l’8 per mille dell’importo da lui pagato a titolo di Irpef, ma esprime solo una preferenza di destinazione ».

La scelta in realtà rappresenta solo una sorta di sondaggio.

« L’8 per mille, a differenza del 5 per mille, non prevede alcun tetto massimo di spesa; la quota assegnata è sempre proporzionale al gettito annuale dell’imposta, senza alcun taglio, con l’eccezione della parte di competenza statale, sistematicamente oggetto di riduzione a valori inconsistenti o, addirittura, annullata », concludono in merito i magistrati contabili.

La trasparenza non è del mondo dell’8 per mille

« La rilevanza degli importi ed il diretto coinvolgimento dei cittadini imporrebbero un’ampia pubblicità e la messa a disposizione dell’archivio completo delle contribuzioni versate negli anni, al fine di favorire forme diffuse di controllo », scrive ancora la Corte dei Conti nella propria relazione 2014, lamentandosi dell’assenza di un tal documento [ oggi, tuttavia, è possibile rintracciare un PDF, con le contribuzioni versate dal 2008 al 2023, NdR [3] ].

Manca pure «la destinazione che queste [ organizzazioni religiose, NdR ] , nella loro discrezionalità, danno alle somme ricevute ». Quest’ultimo ultimo dato, ma in maniera estremamente sommaria, è rintracciabile sui siti web delle varie confessioni religioni beneficiarie del contributo.

In merito all’opacità della tematica, i magistrati della Corte dei Conti denunciano altresì come « le relazioni della Commissione paritetica Italia-Cei, sono rimaste prive di pubblicità, sebbene non vi sia un vincolo di riservatezza in materia, avendo l’attività ad oggetto impatto sui bilancio dello Stato e delle contribuzioni alle confessioni. Ciò denota mancanza di quella trasparenza necessaria per il controllo dell’utilizzo delle risorse pubbliche, in violazione dei principi che stanno a base dell’accountability: si è sottratto ai contribuenti un fondamentale strumento di conoscenza per una scelta consapevole nella destinazione dell’8 per mille ».

« Tale opacità è da stigmatizzare», scrivono seccamente i magistrati.

In proposito, la relazione aggiunge una denuncia: « è singolare, infine, che la Commissione istituita è confermata, dalla data della sua costituzione fino ad oggi, per due dei tre della Parte governativa » [4].

Conclusioni

A parte il meritorio impegno dell’UARR [ vedi relativo spazio web, 5 ] e dei Radicali, che nel 2013, dieci anni fa, lanciarono un referendum per l’eliminazione della ripartizione delle scelte inespresse – senza però raggiungere le 500.000 firme minime necessarie -, non sembra che la politica sia interessata alla materia.

A noi sembra, invece, un tema meritevole di ampio dibattito pubblico.

Fonte e Note:

[1] Agenzia delle Entrate, Otto per mille – Anno di erogazione 2023 (redditi 2019) – Ripartizione del gettito derivante dall’otto per mille dell’IRPEF.

[2] Corte dei Conti, relatore Antonio Mezzera, presidente Giorgio Clemente [PDF, scarica qui: [ download id=”18421″] ].

La Corte dei Conti, nella relazione 2014, peraltro aggiunge sui “regali” alla Chiesa Cattolica da parte dello stato italiano: « l’8 per mille e solo uno dei numerosi sovvenzionamenti pubblici alle confessioni; ad esso, si aggiungono, infatti, fra gli altri, in quanto previsti da leggi:

  • i contributi alle scuole di orientamento confessionale ed agli oratori;
  • la retribuzione degli insegnanti di religione delle scuole pubbliche e degli assistenti religiosi in strutture obbliganti;
  • i contributi alla manutenzione degli edifici di culto di proprietà degli enti ecclesiastici;
  • contributi comunali per l’edilizia di culto, attraverso gli oneri di urbanizzazione secondaria;
  • il 5 per mille dell’Irpef per gli organismi di tendenza;
  • i contributi pubblici per manifestazioni ed eventi religiosi.

Inoltre, ragguardevoli sono i finanziamenti indiretti, per mezzo di agevolazioni o esenzioni fiscali: in particolare,

  • le erogazioni liberali in denaro a favore di enti delle confessioni sono deducibili in in sede di dichiarazione ai fini dell’imposta sui reddito, fino al limite di 1.032,91 euro;
  • l’esenzione fiscale più significativa e, tuttavia, quella dall’imposta comunale sugli immobili, diversamente denominata nel corso del tempo ».

[3] Agenzia delle Entrate, 8 per mille - I beneficiari dal 2008 al 2019 [PDF da scaricare].

[4] Sulla Rete risultano ( ma non assicuriamo aggornamento dato):

  • Dott. Alberto De Roberto, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato (Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla data di istituzione della Commissione), Presidente;
  • Prof. Umberto Leanza, Professore nell’Università di Roma Tor Vergata, Capo del Contenzioso diplomatico del Ministero degli affari esteri, Componente.
  • Prof. Alberto Roccella, Professore nell’Università di Milano, Componente;
  • Dott.ssa Anna Nardini, Funzionario del Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario.

[5] Sito web UARR, “8 per mille”.

Tutte le relazioni della Corte dei Conti in merito si possono leggere qui.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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