Morte al tempo di corona virus : #andràtuttobene ?
Ormai siamo saturi. Non penso che l’uomo possa continuare a vivere ancora in quarantena per molto tempo. E lo hanno capito in molti.
Malgrado i continui decessi in Italia e nel mondo, il popolo italiano sembra reagire timidamente alla clausura cercando di trovare uno spiraglio in fondo al tunnel.
Abbiamo capito che guanti e mascherina ormai fanno parte del nostro look e che la distanza minima di un metro viene scongiurata anche da chi all’inizio non fosse molto d’accordo.
In questa nuova situazione cerchiamo di non annegare nella solitudine
e nell’egoismo anche se facile non è. Il continuo distacco fisico ci rende vulnerabili spingendoci alla depressione proprio per l’assenza di qualcuno da abbracciare e allo stesso tempo alla paura del contagio, facendoci sentire colpevoli solo per aver pensato ad un abbraccio di un amico o di una persona cara.
E questo succede nella vita normale e quotidiana.
Ma cosa succede quando muore qualcuno a cui vuoi bene?
In TV abbiamo assistito con quale macabra indifferenza sono stati trattati i morti per coronavirus al Nord.
Migliaia di morti deceduti in una corsia d’ospedale senza la presenza di un familiare a cui stringere la mano per accompagnarlo allo vita eterna. Infermieri e personale sanitario che hanno sostituito figli, mogli, mariti,
nipoti. Addio attraverso telefoni e tablet, virtuali, come tutto quello che ultimamente facciamo.
Ma la morte quando arriva non è virtuale. Purtroppo è vera come vero è il dolore che difficilmente si resetta come in un game.
Giorni fa è morto mio cugino…
Giorni fa è morto mio cugino. Improvvisamente per strada. Arresto cardiaco. Almeno penso.
Vedere un corpo riverso sul marciapiede coperto dal telo dorato che gli operatori del 118 avevano steso, è un’immagine difficile da ingoiare.
Sapere che sotto quel telo c’è una persona che sommariamente ha il 12,5% dei geni in comune con te, fa un certo effetto.
Soprattutto se in quella situazione tuo cugino rimane per tante ore in attesa del medico legale.
Perché se muori per strada il medico legale deve stabilire di cosa sei morto ed il cadavere, in quel caso mio cugino, non si può toccare se prima il medico legale non conferma il decesso e la causa del decesso.
In quelle ore di attesa, distanti dal defunto e dagli altri parenti accorsi alla notizia, ognuno di noi inseguiva i propri pensieri cercando di tenere a freno la rabbia per la poca dignitosa attesa.
Giorni che resteranno nei ricordi di noi cugini, giorni pieni di gioia nelle giornate festive, giorni di dolore per il trapasso dei nonni, dei genitori o di amici comuni. Giorni di condivisione.
Quella che purtroppo in questi tempi di coronavirus abbiamo dovuto eliminare. La condivisione quella buona, quella di sostegno, di affetto, di consolazione. La condivisione che ci fa andare avanti malgrado il dolore, l’assenza, l’abbraccio.
Invece condividiamo il distacco, l’isolamento, la paura, facendoci diventare peggiori di quello che siamo. Costringendo i nostri sentimenti a rimanere soffocati dalla ragione, a soffocare l’amore.
Chi di dovere cercherà giustizia in quello che è successo ad un uomo uscito da casa per andare al tabacchino e morto da arresto cardiaco in periodo di coronavirus. Io non ci riesco perché ho rispetto di quel corpo che anche se morto, mantiene la sua dignità.
Siamo stati invasi da “Andra’ tutto bene”, flash mob patriottici, religiosi, speranze che dopo “Tutto sarà diverso” ma non ci credo. Ci stiamo così abituando all’io che ricominciare al “noi” sarà difficile.
Almeno fino a quando qualcun altro uscirà di casa e morirà su un marciapiede della propria città.
Ciao Massimo
Credits : Mariapia Radioforo
Credits : Photo by adrianna geo on Unsplash
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