In Italia il lavoro è un imperativo etico!

donna e lavoro

L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. E’ l’inusuale articolo 1 della costituzione italiana [1].

L’articolo 4 aggiunge, qualora ci fossero dubbi, che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere […] un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Con le precisazioni che seguono non intendo sostenere le virtù dell’ozio, bensì un adeguato equilibrio tra tempo di lavoro e tempo da dedicare ad altro.

Equilibrio cui la nostra Costituzione non concede speranza.

Per lo stato, per la costituzione, in sostanza, noi cittadini non siamo altro che delle formichine che devono passare tutta la vita – salvo inabilità o sopraggiunta vecchiaia – impegnati nel lavoro.

Il lavoro è la nostra vita.

L’onorevole dell’Uomo Qualunque: “chi non lavora non mangia”

E seppur nella relazione alla Costituzione, l’on. Francesco Colitto (L’Uomo Qualunque) [2], si precisi che per lavoro s’intenda “in tutte le sue forme e manifestazioni” appare chiaro, che il senso è quello del lavoro salariato.

Lo stesso Colitto, infatti, nella relazione riprende la parola di San Paolo: “si quis non vult operari, nec manducet”, ovvero “chi non lavora non mangia”.

Aggiunge il deputato: “il lavoro è un dovere sociale, un dovere verso la collettività, essendo il modo, con cui l’individuo, nella solidarietà necessaria di tutti i produttori, partecipa e contribuisce alla vita sociale”.

Per Colitto, in definitiva, il lavoro “un imperativo etico, è ricordare ai cittadini che è della dignità umana rendersi utili a se stessi ed ai propri simili”.

La Costituzione italiana sottomette al lavoro ogni diritto sociale

Non è ammessa altra felicità, insomma.

Né nella famiglia, verso il quale abbiamo doveri ma non tempo per dedicarvici ( articolo 30 ); né nello studio ( “la scuola è aperta a tutti”, si legge solo nell’art. 34 ) che non è un diritto ma solo un obbligo per otto anni.

Alla famiglia, allo studio, alle arti, possiamo dedicarci sì ma solo al termine della giornata, quando cioè, stanchi, abbiamo già svolto il nostro dovere di lavoratori oppure durante le scarse “ferie”.

Questa visione di società è presente per la verità anche nella costituzione spagnola [3]. Qui l’articolo 35 è categorico: “Tutti gli spagnoli hanno il dovere di lavorare”.

Non si trova invece alcuna simile prescrizione né nella costituzione belga [4], né in quella francese [5] o tedesca [6].

Quella russa [7], precisa correttamente ma anche pleonasticamente: “Ciascuno ha diritto di disporre liberamente delle proprie capacità di lavoro, di scegliere il genere di attività e la professione”. In Svizzera [8], invece, il dovere è invertito: è la Confederazione a dover adoperarsi affinché “le persone abili al lavoro possano provvedere al proprio sostentamento con un lavoro a condizioni adeguate”.

Mi sembra – quello elvetico – un buon punto di equilibrio.

Che abbiano ragione?

Fonti e Note:

[1] Costituzione Italiana

[2] Nascita Costituzione, “Relazioni e proposte presentate nella Commissione per la Costituzione – III Sottocommissione”.

[3] Costituzione Spagnola

[4] Costituzione Belga

[5] Costituzione Francese

[6] Costituzione Tedesca

[7] Costituzione Russa

[8] Costituzione Svizzera

Natale-Salvo-BN

Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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