Francia, caso Nahel: i carnefici passano per vittime!
Avete notato che tanto sulla stampa francese che su quella internazionale ed italiana si parla poco e nulla di Nahel, il diciassettenne assassinato a sangue freddo da un poliziotto francese?
Le prime pagine dei giornali concentrano la propria attenzione sulla successiva straordinaria rivolta di migliaia di cittadini, e ai casi di danneggiamento e perfino saccheggio di locali istituzionali e di attività commerciali.
La stampa francese? Non è informazione, è propaganda filo-Sistema
La stampa stigmatizza la rivolta violenta, come se i francesi – e con questo non la giustifico sia ben inteso – abbiano ottenuto concessioni attraverso le precedenti manifestazioni di protesta pacifiche ( vedi la legge sulle pensioni ) contro il “liberale” Emmanuel Macron, presidente di minoranza francese, contestato da mesi per la sua condotta politica.
Conta i danni ma non evidenzia le condizioni di marginalizzazione sociale ed economica cui sono soggetti gli abitanti delle periferie in rivolta.
Censura la notizia di come, in altri paesi, vedi il Belgio, si stiano promuovendo manifestazioni di solidarietà ai rivoltosi francesi.
Il sistema mediatico-propagandistico, insomma, forse perché guidato da editori di destra evidenzia che a protestare siano “nuovi francesi”, insomma “stranieri” che non è possibile “assimilare”, e che le vittime siano i poveri gendarmi che resterebbero feriti negli scontri per ristabilire l’Ordine Repubblicano.
Nahel? La pallottola in testa se l’è meritata, scrive qualcuno
Che Nahel sia stato ucciso con un colpo in testa sparato a bruciapelo in maniera volontaria dall’agente non sembra sconvolgere nessuno; nemmeno che le “regole d’ingaggio” previste dalla legge francese voluta da Macron autorizzino l’uso dell’arma da fuoco anche in assenza di pericolo di vita immediato per l’agente o terzi, insomma concedano alla polizia una vera e propria “licenza di uccidere”.
C’è qualcuno, dei giornalisti, che scrive persino che, dopotutto, Nahel se l’è meritata. Forse perché sembra avesse dei piccoli precedenti, o forse perché d’origine araba.
Ci si sorprende infine che a manifestare, anche lanciando sassi o fuochi d’artificio, siano giovani, minorenni, adolescenti. E, di fatto, si accusano i genitori di non educare i propri figli al rispetto dell’Autorità.
La risposta della politica: destra e sinistra pari non sono
La destra della xenofoba Marine Le Pen, e i sindacati di polizia – braccio armato della destra politica -, reclamano la mano dura asserendo di essere “in guerra”.
La risposta della polizia, su ordine del governo “liberale” di fiducia di Macron, ha condotto allo schieramento di 45.000 uomini, di “forze speciali”, mezzi blindati, e ha colpito a casaccio chi passasse per strada con i soliti tossici gas e le “flashball” – e in proposito si conta un uomo in coma -. Si è persino proclamato una sorta di “coprifuoco” a partire dalle 21 e si è minacciata la sospensione dell’accesso ai “social”.
Insomma è sembrata in linea con le richieste degli estremisti di destra.
Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra francese (LFI), dal canto proprio, ha denunciato la legge che concede alla polizia la “licenza di uccidere”, implicitamente chiedendone una riforma, nonché l’ingiustizia sociale nella quale cova il fuoco della rivolta. Ma è stata una voce quasi isolata.
I sindacati, anche la CGT, condannano le violenze e si limitano a lanciare appelli al governo affinché risolva l’atavica crisi sociale e politica. Ma non indicono alcuno sciopero.
Violenza e razzismo poliziesco, leggi immorali e illiberali, condizioni sociali critiche, stampa asservita al Capitale e all’Autorità, risposta violenta della popolazione: ce n’è abbastanza per profonde riflessioni, per un grande dibattito.
Che non si farà. Ne in Francia, né altrove.
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