Decenni di lotte per il disarmo e la denuclearizzazione
Dall’istituzione delle prime zone denuclearizzate alla battaglia per il referendum contro le basi nucleari, fino ad arrivare alle battaglie odierne, ancora urgenti e importanti ma più frastagliate che in passato. Ecco cosa possiamo imparare dagli ultimi decenni di lotte contro le armi atomiche in un’epoca in cui il bisogno di pace sta diventando sempre più impellente.
Se quanto si spende per le guerre, si spendesse per rimuoverne le cause, si avrebbe un accrescimento immenso di benessere, di pace, di civiltà: un accrescimento di vita”
Primo Mazzolari
Gli Stati Uniti hanno deciso di accorciare i tempi del dispiegamento delle nuove bombe nucleari tattiche B61-12 potenziate in Europa sostituendo le B61 ormai obsolete. Dunque anche in Italia e in particolare nelle basi militari di Ghedi, vicino a Brescia, e di Aviano, in provincia di Pordenone.
Anche in passato la lotta al disarmo e alla denuclearizzazione era forte e costante, molto più che nel periodo storico attuale e contemporaneo, in cui purtroppo non si registra una netta e ferma opposizione, ma solo l’intervento di gruppi pacifisti isolati e non ben coordinati.
Importante espressione dell’impegno pacifista degli anni ‘80 fu certamente il movimento per la denuclearizzazione dei Comuni, collegato alle campagne internazionali in atto che miravano a sollecitare l’impegno per la pace degli enti locali. Il primo Comune a dichiararsi zona denuclearizzata in Italia è stato il Comune di Robassomero nel 1981. Zona denuclearizzata o Nuclear Free Zone è una parte di territorio dove è vietato costruire, installare, transitare armi nucleari.
L’idea delle zone denuclearizzate emerge in Europa negli anni cinquanta del 1900, anni tormentati dall’incubo nucleare. Agli atti sono rimaste le proposte a livello istituzionale dell’inglese Eden nel 1955, del polacco Rapacki e di Olof Palme che propone la denuclearizzazione del Nord e del centro Europa, ma senza risultati. Tante anche le proposte di gruppi locali, del mondo pacifista, di movimenti popolari.
In Australia il primo esempio di cittadina denuclearizzata
In Australia il movimento antinucleare in quegli anni riuscì a ottenere dal Governo lo stop alla vendita di uranio alla Francia contro gli esperimenti nucleari nel Pacifico. Molto attivo sulla denuclearizzazione il pacifismo tedesco. Mentre in Giappone oltre alle città denuclearizzate ci furono anche fabbriche, scuole, università. In Irlanda la metà del territorio fu dichiarata zona denuclearizzata dagli enti locali: il movimento è stato presente con varia intensità in altri paesi dall’Inghilterra alla Nuova Zelanda.
Non esiste un nucleare buono e uno cattivo, per costruire le bombe viene utilizzato il plutonio ricavato dalle scorie delle centrali.
Anche in Italia il movimento per la denuclearizzazione dei territori si è diffuso a partire degli anni ’80. Ad aprire la strada dei comuni denuclearizzati fu Robassomero, in provincia di Torino. Denuclearizzate sono poi state dichiarate la Valle d’Aosta, le province di Trento, Perugia, Parma e alcune grandi città come Bologna, Urbino, Pisa e Livorno assieme a tanti altri piccoli centri. Molto attivo anche il movimento che si è sviluppato per la denuclearizzazione di Firenze.
All’epoca si registra anche la posizione della commissione pace e disarmo delle chiese evangeliche, metodiste e valdesi che ha proposto di dichiarare zona denuclearizzata i propri locali di culto. Le dichiarazioni di zona denuclearizzata avevano ovviamente un valore solo simbolico, non giuridico. Tanto invece il valore e il significato a livello politico e di orientamento delle istituzioni locali e delle comunità a perseguire gli impegni di pace a tutti livelli. Una scelta di campo, un atto di Pace e un messaggio che si oppone alla corsa al riarmo e alla guerra.
Un fermo immagine del pacifismo di ieri
Negli anni ’80, dal culmine del campanile di Giotto qualcuno ha calato uno striscione che diceva: via i missili da Comiso. Il perché dell’iniziativa si è potuta leggere nei volantini che un gruppo di ragazze e ragazzi aveva distribuito ai passanti. Il comitato voleva esprimere e riaffermare la volontà contraria ai missili. Gli studenti e vari giovani erano contrari ai missili e come la stragrande maggioranza del popolo italiano reclamavano dal governo Craxi che i missili a Comiso fossero smantellati.
Con lo striscione colorato, i giovani pacifisti hanno inteso sostenere anche un’altra proposta: che sul problema dei missili si svolgesse al più presto un referendum istituzionale che fosse però decisionale e non puramente consultivo, attraverso il quale il popolo potesse far contare la sua forte, netta e concreta opposizione alla trasformazione dell’Italia in una base e in un bersaglio nucleare e atomico. I giovani di Firenze annunciavano anche di non smettere di battersi per la pace, contro i signori della guerra, contro l’imperialismo a Ovest come a Est. Lo striscione colorato sventolava dal campanile e ha attirato l’attenzione anche di molti turisti, secondo la cronaca del tempo.
Il pericolo nucleare è mondiale
Vorrei citare il film documentario Totem and Ore del 2019. Il regista John Mandelberg racconta gli esperimenti nucleari britannici in Australia, dove vennero coinvolti aborigeni inconsapevoli. I test nucleari di Emu Field e Maralinga dimostrano il disprezzo delle potenze coloniali verso le popolazioni indigene. L’appello lanciato dall’attrice aborigena australiana Ursula Yovich recita: “Nel mondo non ci deve essere più spazio per le armi nucleari!”. E a tal proposito vorrei riportare anche il giudizio di Vittorio Agnoletto, medico e attivista a livello mondiale sempre in prima linea: “Non esiste un nucleare buono e uno cattivo, per costruire le bombe viene utilizzato il plutonio ricavato dalle scorie delle centrali”.
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