Un anno di Fediverso, luogo di libertà e imperfezioni
« Un anno fa ho chiuso ed eliminato i miei account su Facebook, Instagram e Twitter ». Esordisce così Michele Brami [1] raccontando sul proprio blog il proprio primo anno nel Fediverso.
Una riflessione, certo, destinata a chi nel Fediverso c’è già perché manca una spiegazione su cosa voglia dire questo termine ovvero un “mondo” di software decentrati e interconnessi (“federati”) che sembrano tutelare, molto, la privacy e sono privi di pubblicità.
Un “mondo” dominato dal software Mastodon – una sorta di Twitter – ma che raccoglie dei quasi cloni anche di Facebook, Instagram.
« Io ci vedo libertà e quella giusta dose di imperfezione che diventa potenziale, ci respiro lo stesso sentimento pionieristico degli anni ‘90. il mio bilancio per questo primo anno è decisamente un bel sì a favore del Fediverso, ma senza troppe illusioni », scrive ancora Michele Brami – sul social è “77nn” -.
« Il Fediverso un caleidoscopio di esperienze diverse e mutevoli, e in questo ci vedo potenziale, non problemi », continua.
Dopo un giro di esperienze su vari “canali” (“istanze”) Mastodon, Michele ha poi deciso per scegliere una strada propria: « da poco più di due mesi ho infine traslocato sulla mia istanza personale GoToSocial, che non è Mastodon, ma ci assomiglia: ho il mio minuscolo server qui sulla scrivania di casa, le mie “non-regole” ».
E’ questa la bellezza del Fediverso: circolare, emigrare da un’istanza all’altra senza perdere gli “amici” o, addirittura, aprire una propria “istanza”, un proprio server.
L’imperfezione nel Fediverso? E’ umana, è la moderazione
Nel Fediverso, naturalmente, esiste l’imperfezione e Michele l’ha già scritto. Un’imperfezione umana, più che software.
L’imperfezione è nella “amministrazione” da parte dei proprietari dei vari server ( lo avevo rilevato e scritto anch’io qualche giorno addietro ): « quello della moderazione – scrive – è un problema noto. La moderazione è in realtà da sempre un problema di ogni piattaforma sociale. Perché dalla responsabilità della moderazione emerge l’anello del potere che corrompe il portatore, dapprima in modo flebile, poi sempre più prepotentemente. Non è facile resistere. Così come il problema delle blocklist centralizzate, dove “qualcuno” decide che alcune istanze sono da “defederare”. Con criteri, anche in questo caso, discutibili, opachi oppure non totalmente disinteressati ».
La valutazione dell’autore su questa “devianza” psicologica dei “moderatori” dei social è negativa: « Non è un bene, secondo me. È una forma di censura preventiva e pregiudiziale ».
Secondo Michele, invece, « le divergenze devono essere espresse, razionalizzate e discusse, non soppresse », non … “moderate”. E’ chiaro ciò fatto salvo i casi, che esistono anche nella vita reale, degli individui « non desiderosi di coesistere, che applicano sistematica violenza verbale ».
L’articolo chiude con una importante riflessione che va citata anche se col Fediverso, con Mastodon, non c’entra nulla: « Assieme ai questi social, ho avuto anche l’ardire di ripudiare Whatsapp. Così, da un giorno all’altro, ho salutato, chiuso l’account e disinstallato l’applicazione. Incontrando mia cugina qualche mese fa (viviamo in luoghi diversi), mi ha detto che ero sparito, che non si sapeva più come contattarmi. L’ironia è che il mio numero di telefono è sempre lo stesso, e che tutti ormai abbiamo piani telefonici da centinaia di minuti ed SMS gratuiti. Nessuno, tranne un unico amico, mi ha più cercato via telefono o SMS ».
Dov’è finita l’umanità vien da commentare!
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Fonte e Note:
[1] 77n.it, Michele Brami, “Il primo anno nel Fediverso”.
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