Salario Minimo: e allora la riduzione dell’orario di lavoro?
« Di tanto in tanto, anzi molto sporadicamente e con scarsa visibilità, riappare il tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario ». “Sfogliando” Contropiano di qualche giorno fa ci ha colpito questo breve inciso [1].
Il giornale comunista si riferisce, in particolare, al Manifesto. Ma, per coincidenza, con la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare sul salario minimo da parte di Unione Popolare – Rifondazione, anche la Sinistra Libertaria aveva introdotto il tema e pure con lo stesso tenore di Contropiano.
Rileva Eugenio Donnici sul quotidiano online come « i partiti dell’opposizione, anche quelli radicali, che non sono presenti in Parlamento, nonché il più grande sindacato italiano, sono avvitati nel dibattito sul salario minimo ».
Mentre, appunto, in merito alla riduzione dell’orario di lavoro « prevale un silenzio tombale! ». La CGIL stessa tratta il tema, aggiunge l’articolo, come « qualcosa di utopico ».
In verità, ne aveva parlato Sinistra Italiana. Ma era il 2019. eppure sono passati 30 anni da quando l’Europa impose la settimana lavorativa di 40 ore e, da allora, automazione, informatica, intelligenza artificiale, hanno aumentato notevolmente i ritmi di lavoro e la produttività senza alcun vantaggio per i lavoratori subordinati.
Contropiano: Far uscire i disoccupati dal precariato dell’assistenza
Riflette invece Eugenio Donnisi su Contropiano che « le forme di sostegno al reddito … coltivano l’illusione che la disoccupazione sia solo un fenomeno temporaneo e che ben presto il Mercato e lo Stato assorbiranno l’eccedenza di forza lavoro che non trova un’occupazione ». Ma, appunto, è quest’ultima l’illusione, l’utopia.
Conseguente l’autore di Contropiano contesta che si tenga conto, col salario minimo, « solo chi ha un impiego, chi è occupato, anche se con una paga misera » mentre vengono trascurati i « disoccupati » che solo da una generale riduzione dell’orario di lavoro potrebbero avvantaggiarsi per uscire dal precariato dell’assistenza.
Dovrebbe pure tenersi conto del fatto che, gli attuali livelli di automazione e produttività impongono « a una parte degli occupati turni e ritmi di lavoro massacranti ». Anche in questo caso, « la strategia della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario » avrebbe effetti positivi.
Salario Minimo: Le colpe della CGIL, l’incompletezza della proposta di Unione Popolare
L’articolo, richiamando le parole di Dino Greco, sindacalista e dirigente nazionale di Rifondazione Comunista, è altresì interessante perché ricorda come sì « in Italia ci sono 4.578.535 lavoratori e lavoratrici che guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora » ma anche che questo è dovuto al pieno rispetto di Contratti nazionali di lavoro “corsari” firmati proprio da CGIL, CISL o UIL e non solo dai cosiddetti “sindacati non rappresentativi”.
Anche in riferimento alla stessa proposta di Unione Popolare che fissa un salario minimo di 10 euro lordi, per Dino Greco essa risulta incompleta perché manca della previsione di tutela a favore dei parasubordinati.
Il percorso per la riduzione dell’orario di lavoro parte dalla consapevolezza
Secondo l’autore dell’articolo, ben documentato, infine, risulta chiaro che la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario debba « passare attraverso un aumento della consapevolezza sui movimenti contraddittori che caratterizzano il processo di produzione capitalistico ». E’ necessario, ancora, « che noi subordinati cambiamo il nostro punto di vista, ossia che la spinta al cambiamento parta dai bisogni di chi vive condizioni di lavoro disagiate ».
Solo dopo sarà possibile l’avvio di un conflitto sociale per ottenere una sensibile riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, ovvero per « appropriarsi del tempo socialmente disponibile ».
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Fonti e Note:
[1] Contropiano, 5 dicembre 2023, Eugenio Donnici, “Tutti giù per terra. Salario minimo versus riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione”.
Il salario minimo è disposto dagli articoli 36 e 38 della nostra antifascista Costituzione e per salvaguardare il suo potere d’acquisto,insieme a quello delle pensioni,i Costituenti disposero il suo articolo 53 che accertando redditi effettivi,e dopo la deducibilità delle spese necessarie per ricavare il reddito,la capacità contributiva su cui applicare il criterio della progressività a tutti i contribuenti compresi tutti gli azionisti delle multinazionali e delle SPA nazionali e mettendo la parola Fine alla storica elusione ed evasione fiscale e contributiva organizzata dalla storica classe dirgente per VILE “voto di scambio”! In sintesi; lottare per realizzare la Costituzione antifascista per farla vivere nella vita quotidiana delle persone è la Rivoluzione Sociale preliminare ad una società Veramente socialista autogestita dai lavoratori al posto dei borghesi e nell’interesse generale del paese e non di pochi individui che hanno scambiato il pianeta terra per il loro parco giochi preferito ai danni di miliardi di persone.Una volta realizzata la società socialista passeremo a quella comunista per cui “a tutti secondo i propri bisogni”Karl Marx!