L’Europa censura un film su Maidan a Torino!

Un fatto scandaloso è accaduto a Torino, dove il rettore dell’Università, Stefano Geuna, ha prima concesso e poi revocato l’autorizzazione per un incontro sul conflitto in Ucraina promosso dal docente universitario Ugo Mattei in collaborazione col giornalista Vincenzo Lorusso. Un evento che prevedeva la proiezione di un documentario prodotto da Russia Today (RT), Maidan. La strada verso la guerra. Un documentario che racconta la versione russa della guerra, e che non ha trovato spazio all’Università di Torino [1].
Perché? Perché un’associazione pro-Israele e pro-NATO, Europa Radicale, ha chiesto che l’incontro fosse cancellato, accusandolo di essere un “strumento di disinformazione” e richiamando il rettore al rispetto di un Regolamento approvato dal Consiglio d’Europa.
Eppure, questa vicenda non è una semplice polemica accademica. È uno scandalo, uno dei tanti, che mette in luce quanto la libertà di espressione e la critica siano oggi minacciate da leggi e regolamenti che non fanno altro che limitare i diritti dei cittadini.
L’associazione pro-NATO Europa Radicale ha dichiarato: «Si tratta di un documentario vietato in tutti i Paesi dell’Unione Europea proprio perché ritenuto uno strumento di disinformazione. La sua proiezione costituisce una violazione del Regolamento UE 2022/350» [2].
Il Regolamento si fonda su un approccio maccartista e anti-russo, invece che su principi generali e astratti, come dovrebbe accadere in una democrazia compiuta.
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La “democrazia” dell’Europa che censura la libertà di pensiero e di stampa
Ma qui non si parla solo di una contesa tra ideologie. Qui si parla di un attacco alla libertà di pensiero, benché sancita dall’articolo 21 della Costituzione, dall’articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Una censura, quella imposta dal Regolamento UE 2022/350, che nega l’intelligenza, il discernimento e la capacità critica dell’individuo, imponendo un paternalismo autoritario.
E non conta che alcuni cittadini non si piegano ai soprusi dell’Europa e proiettano egualmente i documentari di Lorusso sulla questione Donbass.
Questa censura, imposta dal Regolamento approvato dal Consiglio d’Europa, non è che un altro passo verso la soppressione di quella libertà di espressione che i cittadini europei dovrebbero poter esercitare liberamente.
«La Federazione russa – vi si legge – porta avanti da tempo la pratica di lanciare iniziative continue e concertate di propaganda prendendo di mira la società civile dell’Unione e dei paesi limitrofi, distorcendo gravemente i fatti e manipolando la realtà» [3]. Il regolamento, quindi, definisce queste «operazioni di influenza» quali «ingerenze straniere» che rappresentano «minacce ibride» all’Autorità dell’Unione Europea sotto forma di diffusione di «disinformazione». L’Autorità dell’Unione Europea afferma quindi che «tali iniziative rappresentano una minaccia consistente e diretta all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Unione» (addirittura!).
Per conseguenza, conclude il Regolamento Europeo, «è vietata qualsiasi autorizzazione di radiodiffusione di Russia Today e Sputnik».
Non è forse una forma di manipolazione l’uso di un regolamento europeo per censurare una narrazione che non piace?
Inoltre, non possiamo ignorare che la legalità di questo Regolamento è stata imposta senza considerare le reali implicazioni per la democrazia nazionale. Il regolamento, a differenza delle Direttive, è obbligatorio e si applica direttamente in tutti gli Stati membri senza bisogno di recepimento del Parlamento locale. In pratica, il diritto dell’UE ha prevalenza sulle norme nazionali, comprese le costituzioni degli Stati membri, come già confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (caso Costa contro ENEL, 1964).
Ecco, un altro scandalo! La sovranità del nostro paese, ormai, non vale più nulla.
La perdita di sovranità comincia col nuovo art. 117 della Costituzione
E qui arriva il vero colpo di scena: l’articolo 117 della Costituzione Italiana, che nel 2001 [4] fu modificato per subire il “peso” dell’ordinamento europeo. Un articolo che, nel testo originale del 1948, stabiliva la sovranità nazionale, ma che oggi, con la modifica voluta dal governo Amato (sostenuto dal futuro PD e dai satelliti Verdi e SDI), sottopone l’Italia “dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali”. L’articolo, in sostanza, limita la nostra libertà di azione, e nemmeno i cittadini hanno avuto voce in capitolo.
Ecco cosa è successo: il 7 ottobre 2001 si svolse un referendum sulla riforma di questo articolo [5], ma solo il 34,05% degli aventi diritto andò a votare. Il 64,21% dei votanti, più di dieci milioni di italiani, approvò la riforma, ma in quel 64% non c’era la voce della maggioranza degli italiani, che si astennero.
È uno scandalo che pochi, troppo pochi, abbiano scelto di dire la loro in quella occasione, che quella riforma sia passata grazie all’astensione e al silenzio del popolo italiano.
E oggi ci lamentiamo della perdita di sovranità italiana?
Ecco la risposta: chi non ha partecipato a quel referendum, chi non ha fatto sentire la propria voce, oggi non ha il diritto di piangere. Non si può dire “è colpa dell’Europa” senza ammettere che siamo stati noi a non far nulla quando dovevamo farlo. È questo che ci ha portato a una situazione in cui l’Italia è diventata una pedina nelle mani dell’Unione Europea.
E non finisce qui. Non solo il Regolamento UE calpesta la libertà di espressione e la sovranità nazionale, ma anche la stampa, che dovrebbe fare il suo dovere di informare correttamente i cittadini, si allinea con il regime. Non solo non informa, ma spesso disinforma. La stampa mainstream, con la sua agenda politica, non ha dato ai cittadini gli strumenti per capire la gravità di queste modifiche. L’informazione, invece di essere un faro per le scelte consapevoli, è diventata il mezzo per manipolare l’opinione pubblica.
I referendum del prossimo 8-9 giugno 2025
Tutto ciò deve essere chiaro: il prossimo referendum sulla cittadinanza, previsto per l’8 e 9 giugno 2025, è un altro banco di prova. Bisogna andare a votare, ma non basta. I cittadini devono informarsi, leggere le leggi su cui si esprimeranno e capire davvero cosa sta accadendo, senza limitarsi a seguire le direttive dei partiti o gli slogan di qualche influencer su TikTok. Non possiamo più rischiare di approvare leggi che in realtà disapproviamo o di bocciare quelle che vorremmo. E se la stampa non informa, allora dobbiamo farlo noi.
E allora, se non reagiamo ora, se non partecipiamo ora, se non facciamo sentire la nostra voce, dobbiamo essere consapevoli di un fatto doloroso: tutto questo è colpa nostra.
È uno scandalo che non possiamo ignorare.
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Fonti e Note:
Credits: Foto di ALEXANDRE LALLEMAND su Unsplash.
[1] Il Fatto Quotidiano, 17 marzo 2025, Tommaso Rodano, Torino, l’incontro prevede la proiezione di un doc di Russia Today: l’università lo annulla. Mattei: Viene limitata la libertà didattica”.
[2] Europa Radicale, “Richiesto incontro al Rettore dell’Università di Torino a seguito di episodi di censura e disinformazione”.
[3] Regolamento Europeo 2022/350 del 1 marzo 2022, “Misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina”.
[4] Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”. (GU Serie Generale n.59 del 12-03-2001). In particolare, la camera l’approvò nella seduta del 28 febbraio 2001e il Senato in quella dell’8 marzo 2001.
[5] Wikipedia, “Referendum costituzionale in Italia del 2001”.
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