L’Italia ha smesso di votare (e nessuno ne parla)

L’italiano non vota più. Soprattutto al Sud. E nessuno, né politica né media, sembra preoccuparsene davvero.
In una democrazia borghese dove il voto ogni cinque anni è l’unica forma di partecipazione, questa è un’emergenza. Non un fatto secondario: indica che non si crede più a questa forma di democrazia!
Nel 2022, l’affluenza alle politiche ha toccato il minimo storico: solo il 63,91% [1]. Un crollo di oltre nove punti rispetto al 2018.
I dati regionali sono ancora più gravi:
- Campania 1 al 50,78%,
- Calabria al 50,80%,
- Sardegna al 53,17%.
Il Sud ha voltato le spalle allo Stato. Chi ha il coraggio di dirlo?

La questione della presunta astensione involontaria
La distanza tra cittadini e istituzioni cresce. Ma la politica tace. E la stampa finge di non vedere.
A tre anni da quel voto e con le politiche 2027 alle porte, nessuna proposta seria è sul tavolo. Nessun piano per riportare gli italiani alle urne.
Nel Libro Bianco sull’Astensionismo in Italia (aprile 2022), il professor Franco Bassanini ha lanciato un allarme preciso sul fenomeno dell’astensionismo involontario. Sarebbe rappresentato:
«da un lato dalle persone che hanno difficoltà di mobilità e non sono quindi in condizioni di recarsi al seggio elettorale (pari a circa 4,2 milioni al di sopra dei 65 anni), dall’altro da coloro che per ragioni di lavoro o studio nel giorno del voto si trovano lontani dal comune di residenza (stimati in circa 4,9 milioni di persone, circa nove milioni di potenziali elettori!)» [2].
Nove milioni di potenziali votanti restano fuori. Ma è solo un alibi?
Siamo solo troppo vecchi o troppo lontani per votare?
Il CISE risponde: no, non solo.
«La partecipazione elettorale è un fondamentale requisito della qualità democratica. Occorre dunque riflettere in maniera profonda sulle cause della bassa affluenza e sulle conseguenze per il sistema politico italiano. Le riforme istituzionali dovrebbero favorire quella delle fasce della popolazione che tendenzialmente votano di meno, come i giovani» [3].
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Incentivare a votare: alcune proposte
Qualcuno propone il voto per corrispondenza o elettronico. Tra loro Giuseppe Brescia (M5S), che dice:
«La tecnologia può aiutare la partecipazione di milioni di cittadini che vivono o studiano lontano dal luogo di residenza.” [4].
Ma attenzione. Il voto elettronico o per posta mette a rischio segretezza e libertà. Si apre un’opportunità per il voto “a pagamento” porta a porta. La Costituzione non è un’opinione: il voto deve essere libero e segreto. Negli USA, il voto per corrispondenza ha scatenato accuse pesanti alle elezioni del 2020. Nessuno vuole importare quel caos in Italia.
C’è chi vuole reintrodurre una sanzione per chi diserta le urne. La Costituzione parla chiaro:
“Il suo esercizio è dovere civico.” (art. 48)
In Belgio, chi non vota paga tra 40 e 80 euro. In Lussemburgo fino a 1.000 euro in caso di recidiva. In Australia, circa 12 euro.
Paese | Multa prima infrazione | Recidiva | Fonti |
---|---|---|---|
Lussemburgo | 100-250 € | 500-1.000 € | Guichet.lu |
Belgio | 40-80 € | Fino a 200 € | SPF Belgio |
Australia | 20 AUD (~12 €) | Aumenti progressivi | AEC |
In Italia, fino al 1993, chi non votava si ritrovava la nota “non ha votato” sul certificato di buona condotta. Serviva per concorsi e licenze. Lo prevedeva l’art. 115 del DPR 361/1957. Poi il governo Ciampi ha cancellato tutto (art. 9, d.lgs. 533/1993).
Nessuno affronta il vero problema: un sistema elettorale non inclusivo
La verità è che il sistema elettorale ha staccato la spina al cittadino.
Il maggioritario non rappresenta più nessuno. Gli sbarramenti bloccano i partiti minori. Niente preferenze. L’elettore non sceglie più chi lo rappresenta.
Alcuni hanno le idee chiare:
«La situazione è aggravata dalle regole elettorali, che limitano le possibilità per outsider e nuove formazioni. Sbarramenti, selezione dei candidati e controllo mediatico rendono difficile per chi non appartiene alla “classe politica” tradizionale candidarsi e farsi notare. L’effetto è che gli elettori si trovano di fronte a un sistema sempre più chiuso e autoreferenziale. Questo modello, definito da alcuni una “democrazia truccata”, sembra essersi ormai radicato. Per riavvicinare i cittadini alla politica servirebbe tornare a un sistema proporzionale» [5].
I partiti della Sinistra radicale, subito dopo il voto del 2022, avevano con forza affermato:
« il distorcente sistema elettorale ( una vergogna antidemocratica ed anticostituzionale ) del Rosatellum, voluto dal PD e da Forza Italia e votato anche dalla Lega, permette a una coalizione che non dispone della maggioranza assoluta ( ha ottenuto il 44% dei voti ), di ottenere una larghissima maggioranza di seggi nelle due Camere. La rappresentanza parlamentare è quindi fortemente stravolta rispetto al voto reale delle cittadine dei cittadini ».
E forse ha ragione anche Michele Serra, che Il Foglio ha citato (per criticarlo):
«C’è chi ha tirato fuori il problema di una società “egoista”, in cui non c’è più senso di appartenenza: l’individualismo come colpa sociale. […] La maggior parte di chi non vota, lo fa per “depressione”, perché non crede che le cose possano cambiare in meglio» [6].
È proprio questo il dramma: milioni di persone hanno smesso di credere. E chi governa sembra starci benissimo.
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Fonti e Note:
[1] Ministero degli Interni, Portale Eligendo, “Archivio Storico”.
[2] L’Inkiesta, 18 maggio 2023, Danilo Brogi, “Libertà è partecipazione. Il crescente astensionismo involontario che indebolisce le democrazie”.
[3] CISE – Luiss, 27 settembre 2022,Marco Improta Vincenzo Emanuele Davide Angelucci, “Fuga dalle urne: affluenza mai così bassa nella storia della Repubblica”.
[4] Open, 21 aprile 2022, Valerio Berra, “Il voto digitale rimandato al 2023 tra le polemiche: «Al momento troppi rischi per la cybersicurezza»”.
[5] Kulturjam, 4 novembre 2024, Marquez, “Italia, astensionismo record ma alla politica va bene così”.
[6] Il Foglio, 15 febbraio 2023, “Il non voto è individualismo. Ma per alcuni è anche una critica alla democrazia”.
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