Affettività in carcere, Nordio prende tempo

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Quando si vuole mostrare i “muscoli”, esercitare potere anche a costo di negare un diritto legittimo, la soluzione più semplice è rimandare. Lo sa bene il ministro della Giustizia Carlo Nordio che da mesi nega l’affettività con carcere. Ex magistrato, uomo delle leggi, che però oggi sembra ignorare proprio quelle norme che una volta applicava con rigore.

Il 2 aprile scorso, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, ha in merito dichiarato con freddezza burocratica:

«Si assicura che sono in corso di predisposizione le linee guida che costituiranno le basi per l’avvio del percorso teso all’attuazione del diritto all’affettività, all’interno degli istituti penitenziari».

L’interrogazione era stata presentata dal senatore pescarese Ivan Scalfarotto (Italia Viva) già il 10 febbraio. In sostanza chiedeva:

«Quali misure a livello legislativo e di gestione degli istituti penitenziari il Ministro abbia adottato e intenda adottare affinché sia garantito il rispetto della sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale in materia di affettività in carcere».

Vediamo i fatti.

La sentenza n. 10 del 2024 della Corte Costituzionale, seguita da una della Corte di Cassazione (sezione I, udienza 11 dicembre 2024, dep. 2 gennaio 2025, n. 8), ha stabilito un principio chiaro:

«La persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia».

Tradotto: chi è in carcere ha diritto a un momento di intimità con il proprio partner. Un diritto, non un privilegio. A patto, ovviamente, che il detenuto tenga una condotta esemplare e non ci siano motivi di sicurezza.

Affettività in carcere: Nordio, un anno di studi, nessuna risposta

Nordio, però, ha affermato di non essere rimasto con le mani in mano. Sostiene di essersi mosso in due direzioni:

  1. Un’indagine interna per verificare l’esistenza di locali adatti nei penitenziari.
  2. Uno studio su modalità e criteri per regolare questo diritto.

Sulla prima questione, ha spiegato: «È stato istituito un gruppo di studio multidisciplinare, con rappresentanti del Ministero della Giustizia, dell’Ufficio del Garante nazionale, della magistratura di sorveglianza, dell’Ordine degli psicologi ed esperti in architettura penitenziaria, con l’obiettivo di definire le connotazioni giuridiche e le modalità con le quali garantire l’esecuzione della sentenza della Corte costituzionale».

Poi, aggiunge: «È stato svolto un monitoraggio a livello nazionale, inteso a verificare la sussistenza, all’interno delle strutture penitenziarie, di spazi adeguati e funzionali a garantire le condizioni più favorevoli, in termini di dignità e riservatezza dei detenuti».

Ma i risultati sono scoraggianti. Nordio ammette che:

«Solo 32 istituti hanno confermato la disponibilità di uno spazio idoneo, e comunque previa attuazione di ingenti interventi strutturali; gli altri 157 hanno dichiarato l’indisponibilità di spazi adeguati».

E i lavori del gruppo di studio sulla realizzazione dell’affettività in carcere? Di fatto, una scatola chiusa. Il ministro si limita a elencare i temi emersi:

  1. «L’individuazione dei soggetti ammessi ai colloqui;
  2. le strategie per garantire la sicurezza prima, durante e dopo;
  3. l’individuazione delle strutture da adibire a zone colloqui».

Linee guida? Ancora niente. Risorse economiche? Nessuna copertura definita. È tutto fermo. Come se un diritto potesse restare sospeso all’infinito.

D’altro canto, un ministro che non riesce a permettere due telefonate da dieci minuti ciascuna al mese ai detenuti, per rispettare una norma di legge promessa dal suo stesso sottosegretario ben due anni fa [2], può essere in grado di costruire delle “stanze dell’amore”?

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Scalfarotto: il governo ha una concezione meramente punitiva del carcere

Il senatore Scalfarotto è netto:

«Nonostante sia passato più di un anno dalla sentenza, il vuoto normativo non è stato colmato, ledendo così il percorso rieducativo dei detenuti e sottraendo loro una porzione significativa di libera disponibilità del proprio corpo e del proprio esprimere affetto, come sostenuto dalla Corte costituzionale».

Una denuncia chiara, che punta il dito su un atteggiamento di grave disinteresse.

«L’inerzia del governo è inammissibile. Denota una concezione meramente punitiva e repressiva del sistema carcerario, del tutto avulso dal rispetto dei diritti e della dignità umana», accusa Scalfarotto.

E avverte: questa negligenza ha già portato a diverse azioni giudiziarie da parte dei detenuti. Reclami vinti, come nel caso del magistrato di sorveglianza di Asti o della direzione del carcere di Terni. Entrambi battuti perché avevano negato il diritto all’affettività.

Nordio conosce le sentenze. Le ha servite per una vita. Ed è proprio questo che rende ancora più inaccettabile la sua inerzia sul diritto all’affettività in carcere. I detenuti non sono un reato: sono persone. E le persone, anche dietro le sbarre, hanno diritto ad amare.

Amaramente, viene da dare ragione ad Alexandr Berkman: «il carcere non recupera, è solo vendetta di Stato».

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Fonte e Note:

[1] Senato, 3 aprile 2025, “Risposte scritte ad interrogazioni (pervenute dal 21 marzo al 3 aprile 2025)” – Interrogazione 4-01813, pag. 1643 e segg.

[2] LaPresse, 18 agosto 2023, “Carceri, telefonate detenuti da 4 a 6 al mese”.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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