Lenin l’aveva previsto: Renzi e le regole della democrazia
«Avverto una certa sproporzione tra le grandi questioni che riguardano il futuro dei cittadini, gli investimenti sulla crescita, la ricerca, in discussione all’Onu, e le piccole vicende quotidiane che tanto appassionano più la classe politica che i cittadini, le regole del gioco su chi andrà in Parlamento la prossima volta».
La dichiarazione che è apparsa lo scorso 20 settembre sul quotidiano filo-governativo Repubblica e che viene attribuita al primo ministro Renzi fa accaponare la pelle.
La Repubblica italiana fondata sul potere borghese
«Le regole del gioco» sono alla base di una Repubbica, di una democrazia. Non lo sono, sembra, per il Capo dl Partito “Democratico”.
Sono chiari, invece, i messaggi di Matteo Renzi: da un lato «le regole del gioco» democratico sono di scarso interesse per il “Capo” (e lo sapevamo); dall’altro chiunque sia che «andrà in Parlamento la prossima volta» non cambierà nulla poiché le priorità politiche sono già determinate (da chi? Dalla borghesia massonica ed industriale?) e corrispondono agli «investimenti sulla crescita» della produzione e dei consumi.
Salute e ambiente di vita, studio, informazione, tempi di riposo e per la famiglia, non sono temi importanti per il “democratico” Renzi e per i suoi mandanti industriali borghesi.
In definitiva Matteo Renzi si prende gioco del Popolo e scopre il velo che copriva la “democrazia” borghese.
“Democrazia” e dittatura, secondo il pensiero di Lenin
Già nel 1919, sulla Pravda, Vladimir Lenin metteva in guardia contro questa forma di “democrazia”: «…Parlare di democrazia in generale, di uguaglianza, libertà, universalità, mentre gli operai e tutti i lavoratori vengono affamati, spogliati, condotti alla rovina e all’esaurimento … dalla schiavitù salariata capitalistica … significa prendersi gioco dei lavoratori e degli sfruttati».
«Non dovete nemmeno per un istante dimenticare il carattere borghese di questa “democrazia” – Lenin qui ricorda le parole di Marx –, … non dovere scordare che lo Stato… è soltanto una macchina di oppressione di una classe su di un’altra classe».
«Solo la dittatura del proletariato – conclude il leader marxista Vladimir Lenin – può emancipare l’umanità dall’oppressione del capitale, dalla menzogna, dalla falsità, dall’ipocrisia della democrazia borghese, che è la democrazia per i ricchi, e instaurare la democrazia per i poveri, cioè rendere effettivamente accessibili agli operai e ai contadini poveri i benefici della democrazia, che restano oggi inaccessibili di fatto alla stragrande maggioranza dei lavoratori».
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