Europa: Cambiare i Trattati dell’Unione
«Vogliamo che i trattati fondativi della UE siano riscritti su basi completamente diverse, per garantire l’esercizio della sovranità popolare, che include come uno degli elementi prioritari la sovranità monetaria», lo sostengono in molti.
Oggi, infatti, l’UE è evidentemente governata da «organismi non democratici e palesemente strumento degli interessi della finanza internazionale».
E’ questo è quel che penso anch’io, come appare chiaro da quanto già scritto qui su Pressenza, in un dibattito che cerco di suscitare per l’avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo del prossimo maggio 2019.
A cominciare da “Europa al bivio: Più Europa o più nazionalismo?” dello scorso 10 ottobre sino al più recente “Superare Lisbona, riformare le istituzioni e l’euro“.
«Non basta opporsi all’attuale UE, né tanto meno all’Euro come moneta unica – tuttavia –. Dev’essere chiaro che la nostra opposizione non significa ritornare indietro, ma significa veramente andare avanti, cioè oltre l’ipocrisia di un’Unione che non è mai esistita in quanto tale e verso un’unione vera».
Naturalmente senza escludere dei «passi intermedi», in caso d’insuccesso della riforma proposta.
«Se rivoluzionare la UE non è fattibile, perché la modifica dei trattati richiede l’unanimità dei paesi membri, allora è meglio uscire da questa trappola liberista e lavorare da subito alla formazione di un’altra UE o, in alternativa, di un’altra zona geopolitica coerente con i nostri ideali».
Resta chiaro, cioè, che «l’eventuale scioglimento dell’UE non dovrebbe significare per noi tornare agli stati nazionali, ognuno con la propria monetina».
L’obiettivo rimane, per me, infatti, sempre quello «della Nazione Umana Universale. come l’ideale di un mondo di pace e armonia, senza frontiere». Una utopia da raggiungere, attraverso successivi necessari passi intermedi quali quelli della «armonizzazione e cooperazione tra stati nazionali».
Naturalmente questo vaticinio non va inteso come «la creazione di un governo mondiale nel quale l’esercizio della volontà popolare sarebbe praticamente impossibile (peggio di ciò che accade oggi nella UE)». Piuttosto, come «creazione di comunità rette da forme di democrazia partecipata/reale che si coordinano tra loro».
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