ONU, Comitato contro torture: Italia bocciata
«Il trattenimento in attesa di espulsione dovrebbe essere ulteriormente ridotto e applicato solo a titolo eccezionale». Lo scriveva, giusto un anno fa, il 29 e 30 novembre 2017, il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite, nel proprio Rapporto 2017 sull’Italia [clicca sul link per scaricarlo, in francese].
Il Comitato, pur esprimendo la propria soddisfazione per la riduzione da 18 mesi a 90 giorni della detenzione dei richiedenti asilo (sulla base della legge n. 161/2014), insisteva sul fatto che «lo Stato parte dovrebbe garantire che i richiedenti asilo e i migranti irregolari respinti siano trattenuti solo in ultima istanza e, se è necessario trattenerli, per il più breve tempo possibile e che le misure non detentive siano utilizzate ogniqualvolta possibile».
Invece, la strada percorsa dall’Italia, con il recente Decreto Salvini sull’immigrazione, è stata l’opposta con il prolungamento del periodo di detenzione. All’indomani del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani rilevare questo è un’assoluta contraddizione.
In riferimento a tali speciali detenzioni, inoltre, il Comitato raccomandava di «consentire alle organizzazioni non governative per i diritti umani e ad altri attori della società civile di svolgere attività di monitoraggio nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e migranti».
Non era solo questa la preoccupazione espressa sul nostro Paese dal Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite.
Le violenze ad opera delle Forze dell’Ordine
Il Comitato era preoccupato per il numero di feriti durante gli scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza nei movimenti di protesta sociale. In tal senso raccomandava all’Italia di «chiarire le norme sull’uso della forza da parte della polizia e garantire che i membri della polizia possano essere effettivamente identificati in qualsiasi momento nell’esercizio delle loro funzioni».
In merito al funzionamento della Giustizia, poi, raccomandava al nostro Paese di «garantire, di diritto e di fatto, che la custodia cautelare non sia eccessivamente lunga e procedure di perquisizione dei detenuti e dei visitatori nelle carceri non siano degradanti». Ma, soprattutto, il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite esprimeva la propria preoccupazione rispetto al regime di massima sorveglianza previsto dall’articolo 41 bis della legge sul sistema penitenziario. Questo, infatti impone «severe restrizioni alla socializzazione tra detenuti e i contatti dei detenuti con il mondo esterno, in particolare con le loro famiglie; inoltre la videosorveglianza nelle strutture di custodia della polizia non dovrebbe violare la privacy dei detenuti o il loro diritto alla riservatezza delle comunicazioni con il loro avvocato o medico».
Le raccomandazioni dell’ONU all’Italia
Nel concludere il proprio rapporto sull’Italia, e nel rinviare al dicembre 2021 per il successivo, il Comitato rilevava «con preoccupazione che lo Stato non ha ancora creato un‘istituzione nazionale per i diritti umani» e, soprattutto, invitata il Parlamento a modificare l’art. 613 bis del codice penale, approvato col la legge n. 110 del 10 luglio 2017 e che ha istituito il reato di tortura, perché «la definizione di tortura nel diritto interno è troppo lontana da quella contenuta nella Convenzione internazionale contro la tortura e i trattamenti crudeli, inumani e degradanti e il vuoto giuridico effettivo o potenziale che ne deriva può aprire la strada a l’impunità».
A tutto questo, il governo giallo-nero Di Maio-Salvini-Conte, non ha dato sinora alcun seguito.
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