Anniversario del G8 di Genova: una macelleria che fu spartiacque
Alle 17,27 del 20 luglio 2001, a Genova, un carabiniere uccideva il giovane Carlo Giuliani sparandogli alcuni colpi di pistola in testa da distanza ravvicinata. Scrive oggi Roberto Bertoni su “Articolo 21” [1], delle considerazioni che condivido: « qui [a Genova] si è assistito alla sconfitta e alla devastazione della nostra Costituzione. Quell’omicidio costituisce uno spartiacque fra due epoche, al pari della Diaz e della caserma di Bolzaneto ».
Io stesso, subito dopo, per reazione, aderii a Rifondazione Comunista ed iniziai una mia “seconda vita”: da attivista politico.
Il 19, 20 e 21 luglio del 2001 si svolse a Genova il G8, l’assemblea dei “grandi” del mondo: da Vladimir Putin a George W. Bush, da Tony Blair a Jacques Chirac, fino a Silvio Berlusconi all’epoca a capo del governo italiano. In contemporanea, tra le 250 e le 300 mila persone, prevalentemente giovani giunti da tutta Europa a seguito di svariate organizzazioni politiche, sindacali e pacifiste, manifestarono contro le politiche capitaliste e imperialiste sostenute dai “grandi”.
Circa 19.000 agenti delle forze dell’ordine – poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, agenti di polizia carceraria – furono violentemente scatenati a più riprese contro i manifestanti. Ne scaturirono un morto, Carlo Giuliano, più di 600 feriti e circa 300 manifestanti arrestati “a campione”.
Così “Rivoluzione Comunista” ricorda a caldo quegli avvenimenti: « le “forze dell’ordine” rovesciano sulla folla tonnellate di lacrimogeni; travolgono i manifestanti coi blindati; massacrano chiunque capiti a loro tiro; sparano a bruciapelo contro chi reagisce alla loro violenza. La carneficina alla scuola “Diaz”, i pestaggi alla caserma “Bolzaneto”, tutti gli atti di furore poliziesco contro persone inermi, pacifisti o semplici passanti, attestano, al di là di ogni eccesso e brutalità, che la “metodologia di potere” è il “militarismo annientatore”, poggiante sulla forza dei reparti armati e sulla negazione di ogni “diritto personale”. Questo tipo di militarismo supera la violenza del fascismo ».
Con Genova, sostenne ancora “Rivoluzione Comunista”, « si è definitivamente chiusa la fase generica, eterogenea, trasversalista, della protesta antiglobale iniziata con le manifestazioni di Seattle nel novembre del 1999 ».
« La seconda lezione da trarre – aggiungono – è che la metodologia di potere si imbeve progressivamente e si avviluppa in tecniche di guerra. La sottoposizione di Genova per circa un mese a controllo militare, la divisione della città in due zone – la rossa e la gialla -, la sospensione del trattato di Schengen dal giorno 14 alle ore 24 del 21 luglio per il controllo delle frontiere, l’impiego dei nuovi blindati e dei nuovi gas lacrimogeni contro i manifestanti, ecc., segnano l’applicazione su vasta scala di procedure di guerra alle relazioni sociali ».
A Genova, conclusero, « la libertà di manifestare è finita sotto i cingolati della polizia ».
Oggi la destra, sui propri organi di propaganda quale Il Giornale [3], piange come, ancora oggi, su quella vicenda « nell’area progressista c’è ancora chi soffia sulle braci dell’odio », mentre, a loro parere, senza che nessuno – né politico, né poliziotto – ha realmente pagato per quelle condotte criminali, « si dovrebbe contribuire a sanare le ferite legate a episodi complessi come quelli del G8 di Genova ».
Servirebbe, invece, un mea culpa dei partiti all’epoca al governo e dei comandi delle forze di repressione, e la previsione di provvedimenti che impediscano il ripetersi di tali infausti avvenimenti. Invece, tutt’altro accade: la militarizzazione delle strade e la repressione crescono sempre più.
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Fonti:
[1] Articolo 21, 21 luglio 2021, Roberto Bertoni, “Genova tra memoria e futuro”.
[2] Rivoluzione Comunista, agosto 2002, “Una marea di giovani, di donne di ogni età, manifesta a Genova contro il G-8”.
[3] Il Giornale, 21 luglio 2021, “”Finiremo nel mirino”. La sinistra usa Carlo Giuliani per attaccare il governo”.
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