Attac: a Cecina una “tre giorni” verso l’utopia
Si è conclusa domenica la nuova sessione della “università” di Attac Italia [1] che, come di consueto, si è svolta a Cecina sul litorale livornese.
Circa 40 – 50 “alunni” hanno assistito, anche in maniera interattiva, alle “lezioni” programmate nell’anfiteatro del campeggio che ospitava la “tre giorni” dell’evento.
La sessione – di cui darò dettaglio a parte – non ha dato risposte, e probabilmente non voleva dare, ai quesiti proposti (la guerra in Ucraina, la decrescita, le lotte territoriali, il futuro) ma ha fornito informazioni e spunti di approfondimento e dibattito.
Attac: le ripetute “crisi” vengono raccontate prive di contesto
«Siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi sociale, da una pandemia a una guerra, senza soluzione di continuità. Mentre ci troviamo immersi in una crisi eco-climatica che già travolge la nostra quotidianità», hanno premesso all’incontro quelli di Attac.
Per poi spiegare come ciascuna delle crisi, «ci viene raccontata come priva di contesto, come episodio a sé stante, senza antecedenti né causalità».
Questo perché «occorre possedere una lettura degli accadimenti e trasformare in un film quelle che all’apparenza sembrano singole fotografie staccate l’una dall’altra».
L’obiettivo del percorso di Attac Italia, sessione dopo sessione della loro “università”, è quello di «costruzione di una nuova visione del mondo che abbiamo denominato la società della cura, come alternativa radicale alla società del profitto».
Attac: creare la “società della cura”, di sé e degli altri
«Crediamo – spiegano – che il paradigma della cura – di sé, delle altre e degli altri, del vivente e del pianeta – possa diventare l’elemento di convergenza». Ovvero, «una nuova società, che sia ecosocialista e femminista invece che capitalista e patriarcale; equa, inclusiva e solidale invece che predatoria, escludente e diseguale».
Ci si riuscirà? Qui la risposta di Attac è altamente filosofica.
Riportando Eduardo Galeano, la presentazione della sessione di Attac concludeva così: «L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l’utopia? A questo serve: per continuare a camminare».
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Fonti e Note:
[1] ATTAC, 11 settembre 2023, “Il pianeta della cura” Presentazione dell’Università estiva 2023”.
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