Boccia, carcere: in Italia si governa agitando la “minaccia dell’altro”
« L’attuale regime carcerario corrisponde ad una concezione semplice e pervasiva del crimine: un unico fenomeno di pericolo e minaccia della sicurezza ed una sola risposta di repressione. Dissenso, disobbedienza, conflitto: tutte le manifestazioni di disordine sono equiparate a violenza ed affrontate nella logica del penale ». Maria Luisa Boccia, presidente del “Centro riforma dello stato”, così si lamenta del sistema penale e penitenziario italiano [1]. Un sistema che, secondo lei ma non solo, « viola, i principi e le norme della Costituzione ».
La Costituzione, cioè, è ostaggio di un regime che « governa con la paura »: « sicurezza e ordine sono l’imperativo ». Un regime. in questi suoi fini, agevolato dal « racconto mediatico della cronaca quotidiana », e dalle risposte dei politici: « sentenze più severe, pene più alte e certe, più carcere, più ergastolo ».
La lettura del fenomeno da parte di Maria Luisa Boccia è quindi semplice: « in società attraversate da crescenti disuguaglianze, con un legame sociale indebolito, serve spostare rabbia e sofferenza dalle cause reali alla minaccia dell’altro ».
« Si costruisce così un’identità collettiva, quella delle persone “per bene”, potenziali vittime di quelle “per male”, potenziali criminali. Il populismo penale è la costruzione retorica di un “noi”, funzionale al consenso », spiega ancora.
« La politica ha fatto del carcere una discarica sociale – conclude la Boccia -, e della sicurezza una giustificazione alla restrizione dei diritti e della partecipazione. Basti citare il decreto anti rave o le ordinanze sul decoro urbano. Il senso e la funzione stessa della pena sono stati stravolti ».
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Fonti e Note:
[1] Osservatorio Repressione, 31 luglio 2023, “Critica al Panpenalismo”.
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