CEDU: condannata la Grecia per aver applicato la Shari’ah
Conta più la legge del Corano o la legge di uno Stato europeo? A questa insidiosa domanda la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha risposto con le pinze.
Per i giudici di Strasburgo, in linea di principio, il diritto musulmano può applicarsi, anche qui in Europa [come precisato in nota 1]. Ma questo caso ha rappresentato l’eccezione.
Grecia: il caso della vedova cui è stata negata l’eredità
La Corte di Giustizia, nel caso specifico ha analizzato il caso di un’eredità di un cittadino greco defunto di religione islamica. Si doveva stabilire se l’eredità toccasse alla moglie, secondo la legge greca e la stessa volontà testamentaria, o alla sorella del defunto secondo il diritto di successione musulmano.
La notizia, con un approfondito commento di Grégor Puppinck, è pubblicata quest’oggi dal giornale francese “Le Figaro” (“Charia: ce que révèle la décision de la CEDH”).
Il caso è interessante, oltre la sua specificità naturalmente. E anche estremamente complicato, oltre quel che potrebbe apparire.
Lo scontro tra Molla Sali e lo Stato della Grecia
È importante precisare che lo stesso Governo greco, di fronte, la Corte Europea, aveva chiesto di respingere la richiesta della vedova proprio perché il defunto era di confessione religiosa musulmana e che quindi la donna non era stata “discriminata” ma aveva subito l’applicazione della legge che vale in generale in questi casi [nota 2].
Tuttavia, per l’Union hellénique pour les droits de l’homme, che è intervenuta come “terzo” nel procedimento giudiziario, rispettare l’autonomia religiosa di una minoranza non vuol dire necessariamente estendere la valenza civile di quella religione [nota 3]. La Corte [nota 4], inoltre, ha ammesso che diversi Organi internazionali hanno espresso da tempo “preoccupazione” per l’applicazione della Shari’ah ai musulmani greci della Tracia occidentale e per la discriminazione così creata a danno delle donne e dei bambini.
D’altro lato i magistrati hanno sottolineato [nota 5] che, pur essendovi obbligato, uno Stato può liberamente decidere di creare uno “statuto speciale” a favore delle minoranze religiose. E’ il caso della Grecia che ammette che si applichi in Tracia la legge islamica. E, ancora, per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sarebbe discriminatorio vietare ai membri d’una minoranza religiosa di auto determinarsi secondo un proprio diritto di comunità interno [nota 6]. Tuttavia questa deve essere una libera scelta dei membri stessi.
La sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo
In sostanza – ha concluso la Corte – un greco, per quanto musulmano, deve poter liberamente scegliere tra la legge islamica (Shari’ah) o quella greca. Per questo motivo, la Corte Europea con la sentenza del caso “Molla Sali vs Grecia” ha dato ragione alla vedova: la precedente decisione del tribunale greco, che aveva dato torto alla vedova, «non era giustificata, obiettiva e ragionevole» e ha quindi condannato il Governo della Grecia per violazione dell’art. 14 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo ovvero per discriminazione e dell’art. 1 del Protocollo aggiuntivo 1 sul diritto alla proprietà. La Grecia, comunque, aveva già autonomamente cambiato la legge in materia di matrimonio, divorzio e successione. Dallo scorso 15 gennaio 2018 il ricorso al “Mufti” è previsto sono in caso di accordo di tutte le parti.
La donna ha chiesto circa un milione di euro di danni alla Grecia. La Corte si è riservata di decidere in proposito entro tre mesi.
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[nota 1] – Cfr. sentenza proc. n. 20452/14 del 19 dicembre 2018: «82. […] la charia peut s’appliquer comme source de droit étranger en cas de conflit de lois dans le cadre du droit international privé».
[nota 2] – «92. […] l’application de la charia, au lieu des articles pertinents du code civil, était basée non pas sur un motif se rapportant à sa situation personnelle ou à sa « différence » sur le plan religieux, mais sur la nature du bien transmis (bien « possédé en pleine propriété »), et sur le fait que le testateur était de confession musulmane […] la charia ne reconnaît pas le testament comme mode de transmission successorale».
[nota 3] – «117. […] l’application obligatoire de la loi religieuse ne constitue pas une différence de traitement justifiée par la protection de l’autonomie religieuse de la minorité».
[nota 4] – «154. En plus, la Cour ne peut que constater que plusieurs organes internationaux se sont dit préoccupés par l’application de la charia aux musulmans grecs de Thrace occidentale et par la discrimination ainsi créée notamment au détriment des femmes et des enfants, non seulement au sein même de la minorité par rapport aux hommes, mais également vis-à-vis des grecs non musulmans. Ainsi, le Commissaire aux droits de l’homme du Conseil de l’Europe, dans son rapport sur les droits des minorités en Grèce, a relevé que l’application de la charia aux questions relevant du droit de la famille et des successions était incompatible avec les engagements internationaux contractés par la Grèce, surtout après la ratification par celle-ci des traités internationaux et européens postérieurs à 1948 en matière de protection des droits de l’homme, mais aussi des droits de l’enfant et des droits de la femme».
[nota 5] – «155. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, la liberté de religion n’astreint pas les États contractants à créer un cadre juridique déterminé pour accorder aux communautés religieuses un statut spécial impliquant des privilèges particuliers. Néanmoins, un État qui a créé un tel statut doit veiller à ce que les critères pour que ce groupe bénéficie de ce statut soient appliqués d’une manière non discriminatoire».
[nota 6] – «157. Refuser aux membres d’une minorité religieuse le droit d’opter volontairement pour le droit commun et d’en jouir non seulement aboutit à un traitement discriminatoire, mais constitue également une atteinte à un droit d’importance capitale dans le domaine de la protection des minorités, à savoir le droit de libre identification. […] Il constitue la « pierre angulaire » du droit international de la protection des minorités en général. C’est particulièrement vrai pour l’aspect négatif dudit droit : aucun instrument conventionnel – bilatéral ou multilatéral – ou non conventionnel n’oblige une personne à se soumettre contre sa volonté à un régime particulier en matière de protection des minorités».
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