Esercito Italiano, 4 novembre: 163 anni di crimini
La storia dell’unità d’Italia e, in particolar modo, dell’esercito italiano non corrisponde al racconto che Guido Crosetto, ministro della difesa dello stato italico, ha disegnato ieri in un retorico discorso a Roma: « i Militari italiani, oggi come ieri, sono esemplare baluardo dei valori di civiltà a tutela della pace e della libertà. Sono esempio di umanità, in Patria e all’estero » [1].
Sin dall’Unità d’Italia, nel 1860, l’esercito dell’ex Regno di Sardegna, inviato nel meridione d’Italia per sedare rivolte che alcuni chiamano “prima guerra civile italiana” perché alimentata da uno spirito di restaurazione borbonica e altri “lotta al brigantaggio”, si macchiò di efferati crimini.
Italiani contro italiani: i crimini di guerra del 1861
Si ricordano, tra gli altri episodi quali:
- “la rivolta di Montefalcione” del 6-10 luglio 1861 dove avvenne « l’uccisione sommaria, a scopo di repressione e rappresaglia, di un numero di rivoltosi e civili variabile, secondo le fonti, tra 97 e 150. Tra questi, fu fucilato anche Giuseppe D’Amore, un ragazzino di soli tredici anni » [2];
- “l’eccidio di Auletta” del 28 luglio 1861 quando « i militari si accanirono sulla popolazione civile, compiendo uccisioni ed anche saccheggi » [3];
- “I Fatti di Pontelandolfo e Casalduni” del 14 agosto 1861, quando « le chiese furono assaltate, le case furono dapprima saccheggiate per poi essere incendiate con le persone ancora all’interno. In alcuni casi, i bersaglieri attesero che i civili uscissero delle loro abitazioni in fiamme per poter sparargli. Gli uomini furono fucilati mentre le donne (nonostante l’ordine di risparmiarle) furono sottoposte a sevizie o stuprate » [4].
Senza dimenticare il massacro di un centinaio di manifestanti nel 1898 a Milano ad opera del generale Bava Beccaris, poi premiato per questo, episodio che scatenò l‘assassinio del re d’Italia Umberto I.
I crimini di guerra durante le guerre coloniali
Poi, per quanto riguarda l’estero, sorvolando sulla repressione coloniale in Libia, andrebbero ricordati i massacri di Addis Abeba e della città-convento di Debra Libanòs, ovvero la « brutale rappresaglia » a seguito dell’attentato del 19 febbraio [Yekatit 12, nel calendario etiope, NdR] 1937, compiuto dai partigiani etiopi contro gli occupanti italiani costato la morte di sette persone, tra cui quattro alte autorità politiche e militari italiane, e il ferimento di altre tra cui lo stesso viceré fascista Rodolfo Graziani [5].
Allora il 4 novembre, e ogni giorno, occorre affermare quel che scrive Carlo Bellisai per Pressenza in occasione di una manifestazione svoltasi a Caglieri ieri contro la parata militare: « le Forze Armate, in tutto il mondo, con le loro enormi riserve di armi devastanti, rappresentano più che una difesa, una minaccia per la pace sul nostro martoriato pianeta » [6].
Il 4 novembre non c’è nulla da festeggiare, in Italia non servono militari ma servono più “Comitati per la Pace”.
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Fonti e Note:
Credits: foto Pressenza su evento contro parate militari del 4 novembre di Cagliari – Difesa per foto Sergio Mattarella.
[1] Ministero della Difesa, 4 novembre 2023, “4 novembre 2023: Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”.
[2] Wikipedia, “Rivolta di Montefalcione”.
« L’azione dei governativi fu inoltre caratterizzata dal rastrellamento indiscriminato dei popolani, i quali venivano arrestati ed ammassati nelle carceri di Montemiletto, Sant’Angelo dei Lombardi, Montella, Avellino e Montefusco. A causa del sovraffollamento e delle condizioni disumane di detenzione, in questi ultimi due penitenziari fu registrato un altissimo numero di decessi, dovuto al propagarsi di malattie infettive tra i prigionieri. Molti dei militari partecipanti alla strage di Montefalcione ottennero onorificenze dal governo italiano per il comportamento tenuto sul campo ».
[3] Wikipedia, “Massacro di Auletta”.
« Tra le 45 vittime accertate vi fu il parroco Giuseppe Pucciarelli, mentre altri quattro religiosi furono pestati a sangue in piazza e costretti ad inginocchiarsi davanti al tricolore sabaudo. Uno di loro, settuagenario, cercò di rialzarsi, ma venne ucciso da un sergente a colpi di calcio di fucile alla testa. Secondo altre fonti i morti “sembra fossero 130». I luoghi di culto furono saccheggiati e duecento cittadini vennero arrestati e tradotti nel carcere di Salerno con l’accusa di rivolta e di cospirazione ».
[4] Wikipedia, “Fatti di Pontelandolfo e Casalduni”.
« il numero delle vittime civili è stato fissato fra le 13 e i 17 ».
[5] Wikipedia, “Strage di Addis Abeba”.
« Gli etiopici, fin dal settembre 1945, quando presentarono un Memorandum al Consiglio dei ministri degli Esteri riunito a Londra, parlano di circa 30.000 morti, mentre i giornali francesi e americani fornirono cifre oscillanti fra i 1.400 e i 6.000 morti. Le cifre fornite dallo stesso Graziani nei suoi rapporti con Mussolini, indicano in circa un migliaio le persone passate per le armi e altrettanti tucul bruciati nei giorni del massacro. Uno dei maggiori storici del colonialismo italiano, Angelo Del Boca, stima circa in 3.000 le vittime dei primi tre giorni di violenze ad Addis Abeba. Nel recente “Il massacro di Addis Abeba” Ian Campbell applica tre diverse metodologie di stima che portano, congiuntamente, all’ipotesi di circa 19.000 vittime, includendo in tale numero anche le uccisioni dell’élite etiope avvenute nelle settimane seguenti ».
[6] Pressenza, 4 novembre 2023, “4 novembre a Cagliari: non festa ma lutto”.
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