La Corte Costituzionale chiamata a giudicare il Rosatellum
Il voto del 4 marzo? È possibile che salti. Un giurista marchigiano, infatti, lo scorso 9 gennaio, ha presentato un ricorso alla Corte Costituzionale nel quale chiede l’annullamento parziale, previa sospensione, della legge elettorale n. 165 approvata dal Senato lo scorso 3 novembre 2017 ovvero il cosiddetto “Rosatellum 2”.
Lamberto Roberti, questo il nome del ricorrente, è uno dei certamente sconosciuti casi di cittadini che, fuori dai partiti, a solo titolo individuale, hanno mai partecipato alle elezioni politiche.
Alle politiche del maggio 2001, Roberti, raccolte le firme necessarie, infatti, si candidò al Senato nel collegio uninominale di Pesaro (Marche), ottenendo 933 voti (ovvero lo 0,66%) come “parlamentare indipendente”.
Secondo il giurista, quindi, anche il “Rosatellum 2”, come le precedenti leggi elettorali, le cosiddette “Italicum” e “Porcellum”, sarebbe irrimediabilmente macchiato di parziale incostituzionalità.
I motivi del ricorso alla Corte Costituzionale
In particolare, secondo Roberti, «la legge elettorale 3 novembre n. 165 legalizza lo strapotere della classe politica contro la sovranità del popolo, privato delle basi democratiche. Una serie di nefandezze, tutte legate ai numeri, a calcoli ad algoritmi. Dalle candidature bloccate e plurime, fino a 5 collegi uninominali oltre che nel collegio plurinominale. L’elettore non può esprimere preferenze, né alla Camera, né al Senato ne può scegliere tra i candidati e le liste. Tutti candidati sono scelti dai partiti, i cosiddetti listini bloccati. Dulcis in fundo il voto dell’uninominale si estende anche al proporzionale, senza voto disgiunto come nella mia Candidatura Individuale del 2001 con il Mattarellum».
Si tratta, a ben vedere, di dubbi già ampiamente anche da altri sollevati.
Ma Roberti, va oltre: il Rosatellum, infatti, eccepisce il giurista, «non prevede la candidatura individuale, non prevede la parità di trattamento nella raccolta firme dei già eletti, prevede una soglia minima di accesso alla ripartizione dei seggi».
[bctt tweet=”Discriminatoria una #LeggeElettorale che non prevede la parità di trattamento nella raccolta #firme.” username=”fronteampio”]
Tutte limitazioni che, di fatto, violano – secondo il ricorrente – l’art. 3 del protocollo 1 CEDU, in particolare l’art. 39 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e tutta una svariata serie di articoli della stessa Costituzione.
Lamberto Roberti, nel proprio ricorso alla Corte Costituzionale, infine, non si esime dal sottolineare come la nuova legge elettorale sia stata approvata da «un Parlamento illegittimo, non eletto ma bensì nominato» che non può aver «prodotto leggi legittime, in quanto la regola della continuità istituzionale non poteva esistere oltre qualche settimana o mese» dalla statuizione di incostituzionalità della legge elettorale che aveva consentito a quegli stessi candidati l’accesso al Parlamento.
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