La pace siamo noi: scongiuriamo l’armageddon nucleare
La politica di deterrenza nucleare ha portato a un “equilibrio nucleare”, ma è spesso usata come arma ricattatoria dalle superpotenze, mentre nel mondo persistono conflitti armati e tensioni. Nonostante gli sforzi umanitari e pacifisti, i problemi come il conflitto tra Israele e Palestina continuano a minacciare la stabilità regionale e mondiale. L’impegno costante per una cultura di pace è cruciale per affrontare queste sfide globali e costruire un futuro pacifico.
Dal nucleare civile al nucleare militare: il ‘gioco’ è fatto
È un momento critico nella storia dell’umanità: viviamo all’ombra di circa 25.000 armi nucleari capaci di distruggere il pianeta molte volte. Oggi, questa situazione è ulteriormente complicata dalla corsa all’energia nucleare civile, presentata da molti come un’alternativa positiva al carbone e ai combustibili fossili, principali colpevoli dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici.
Ma dobbiamo davvero considerare l’energia nucleare civile come una valida alternativa in termini di costi e sicurezza? I costi sono esorbitanti, e si stima che negli Stati Uniti l’energia nucleare civile abbia richiesto la spesa di miliardi di dollari nei quattro decenni passati.
Inoltre, il rischio di incidenti è sempre presente, come dimostrato dal disastro di Fukushima in Giappone e dall’incidente di Chernobyl in Ucraina. Il 90% delle 800.000 persone addette al risanamento di Chernobyl hanno contratto tumori.
Tuttavia, il problema più grave è la questione dei rifiuti nucleari, che rimangono pericolosi per ventimila anni.
Il nucleare civile non è una soluzione per i cambiamenti climatici, ma una cinica scommessa dell’industria nucleare di salvare sé stessa. Il nostro deve essere un NO chiaro anche al nucleare civile.
Tra gli artigli dei poteri forti: conflitti e minacce di guerra nucleare nel mondo contemporaneo
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, con la paura universale di violenza da parte di tutta l’umanità, con il suo spaventoso carico di morte e distruzioni, al contrario la politica rassicurante attualmente sostiene che non ci possiamo lamentare in quanto il mondo ha vissuto oltre settant’anni di pace, proprio grazie al cosiddetto “equilibrio nucleare”.
Nulla di più falso! La deterrenza nucleare, che è una gara di potere, è sempre usata dalle superpotenze in termini ricattatori e crudeli per tutta l’umanità soprattutto nell’attuale guerra in Ucraina.
Spesso si dimentica di dire che dal 1945 ai giorni nostri, i conflitti armati veri e propri sono stati più di un migliaio e che nel mondo permangono numerosi, endemici focolai di conflitto violento e armato che hanno fatto decine di milioni di morti e fanno tuttora la fortuna dei produttori di armi e del complesso militare e industriale e fossile e energetico. Con in testa la Nato e gli Stati Uniti l’industria delle armi si alimenta a dismisura innescata come una miccia dal sistema, apparato, complesso militare e industriale e fossile.
L’irrisolta conflittualità armata mediorientale rischia di sfociare nell’irreversibile epilogo nucleare
Uno dei punti nevralgici, che può innescare un conflitto nucleare esplosivo come una miccia all’ennesima e infinitesimale potenza, è rappresentato dal Medio Oriente, una regione per molti aspetti strategica, in primis per il fattore energetico, nella quale negli ultimi decenni la crisi si è ancora più aggravata con le due guerre contro l’Iraq e quella in Afghanistan, il focolaio nevralgico dell’Iran e l’irrisolto problema israelo-palestinese e analizzando il quadro bellico da varianti logistiche e valutando la situazione in un quadro differente, geopoliticamente parlando, possiamo includere anche la attuale e gravissima guerra in Ucraina.
L’irrisolto problema tra Israele e Palestina rappresenta senza dubbio l’elemento più emblematico e drammatico di questa situazione geopolitica dai connotati tragici, che sembrano praticamente irrisolvibili e indistricabili strategicamente.
Lo stesso dramma della Siria va inserito in questo contesto con il rischio già attuale di un’estensione della guerra civile nell’intera regione. Pare che il nodo vero, il terreno sul quale misurare la possibilità reale di una prospettiva di pace, convivenza e cooperazione in quella terra di conflitto, resta senza dubbio alcuno quello dei rapporti tra Israele e Palestina e non è certo a caso che sin dall’ultimo decennio del secolo scorso e anche nei primi anni del nuovo millennio, proprio in quell’area mediorientale, si è manifestato un forte e prioritario impegno umanitario e attivismo del mondo pacifista.
La società civile per “ricomporre l’infranto”
Ecco la ragione per la quale sembra opportuno, e forse necessario, ricostruire, sia pure sommariamente, il senso e la portata di un impegno umanitario e nonviolento e un attivismo di pace molto vivi e sentiti, che hanno visto esprimersi la generosità e la disponibilità di centinaia di donne e di uomini, di decine di istituzioni locali, di numerose associazioni che, generazione dopo generazione, hanno seminato nella terra, culla delle religioni monoteiste la cultura della pace e della convivenza, dove la società civile e le opere di volontariato laico si spendono per “ricomporre l’infranto”.
Sarebbe troppo lungo ricordare le innumerevoli iniziative lungo le quali si è dispiegato questo fondamentale impegno umanistico ancor prima che umanitario, dal “Times for Peace” che ha circondato con una catena umana di italiani, europei, israeliani e palestinesi le mura di Gerusalemme, fino ai progetti di concreta solidarietà con la comunità della cittadina di Rafha nel sud della striscia di Gaza e con la cittadina di Beit Yala alle porte di Betlemme, solo per ricordare i più significativi, oltre all’impegno di più di cinquanta comuni italiani sul terreno della cooperazione, nel tentativo di mettere assieme, far parlare, far interagire, far cooperare i rappresentanti di questi due popoli: Israele e Palestina.
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