Lettera aperta di una malata di tumore al Presidente Schifani

Ospedale Cervello Palermo

Sono una donna siciliana, trapanese. Una mamma, una professoressa e… una malata di tumore.

All’inizio ho sottovalutato i segnali, com’è facile fare. Poi, costretta da sintomi sempre più evidenti, ho deciso di sottopormi agli accertamenti di routine. E la verità è arrivata come un colpo al cuore: un tumore in stadio avanzato, con il rischio imminente di diffusione ad altre parti del corpo.

Mi sono affidata a un centro d’eccellenza siciliano – sì, perché ne abbiamo anche noi. L’Istituto La Maddalena di Palermo mi ha accolto con competenza e umanità. I medici, professionali e rapidi, mi hanno proposto un piano di trattamento chiaro e deciso: chemioterapia, radioterapia e, infine, un intervento chirurgico per rimuovere le cellule tumorali.

Ma c’era un problema. Un problema enorme.

Per procedere con il trattamento, servivano esami del DNA da effettuare all’Ospedale Cervello di Palermo. Esami cruciali, che servono a personalizzare la terapia e garantire la sua efficacia, riducendo gli effetti collaterali devastanti della chemioterapia. Una tecnologia avanzata, una speranza concreta.

La procedura, di norma, richiede dai 9 ai 14 giorni. Io ho fatto il prelievo il 13 dicembre. Era un venerdì 13, un giorno che molti considerano sfortunato. E per me, quel giorno, lo è stato davvero.

È passato giusto un mese da allora. Gli esami non sono ancora pronti. Perché? Perché manca un reagente, secondo quanto mi ha riferito chi mi ha risposto al telefono dell’Ospedale da me sollecitato.

Sì, avete capito bene. Un reagente. Quel componente fondamentale che dovrebbe essere sempre disponibile, in un ospedale pubblico, per una procedura salvavita. Mi è stato detto che è stato ordinato, ma non è ancora arrivato. Nel frattempo, io aspetto. E il tumore no. Lui non aspetta. Lui avanza.

E non sono sola. Altre persone si trovano nella mia stessa situazione: sospese, in un limbo di attesa insopportabile. Tutti in coda, tutti vittime dello stesso assurdo problema.

La scorsa settimana, il direttore sanitario dell’Ospedale Cervello-Villa Sofia di Palermo, Aroldo Gabriele Rizzo, si è dimesso. Si dice che sia stato “strigliato” dal Presidente Schifani il giorno prima. Lui si è difeso, dichiarando che le accuse di inefficienza sono “inaccettabili, false e fantasiose”. Ma poi ha lasciato il suo incarico.

Io non mi faccio nulla delle sue dimissioni. Non mi servono a niente i rimpalli di responsabilità. Non mi importa se le colpe sono dei portantini, degli OSA o di qualcun altro. Io voglio il mio reagente. Voglio il mio esame. Voglio iniziare le cure, prima che sia troppo tardi.

Presidente Schifani, Assessore alla Sanità Giovanna Volo: cosa devo fare? Lo compro io il reagente? Mi mandate il link di Amazon? Perché io, così, non posso aspettare.

Non si può morire per la mancanza di un reagente. Non si può essere condannati dall’inefficienza di un sistema che dovrebbe proteggere i più fragili. Io non vi chiedo miracoli. Vi chiedo solo che il sistema sanitario regionale faccia il suo dovere.

E lo chiedo a nome mio e di tutti quelli che stanno aspettando come me.

[lettera firmata, si omette pubblicazione per diritto alla privacy]

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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Una risposta

  1. ALESSANDRO ha detto:

    La questione è il perché il sistema abbia delle pecche.
    Possibilità n1, tutto l’organico ha un problema mentale tale per cui non sanno nemmeno gestire entrate ed uscite da un magazzino.
    Possibilità n2, c’è la volontà di rendere un servizio talmente inefficienze a piccole dosi che le persone si abituano al andare dal privato al posto si rivendicare un servizio funzionante. Tipo la rana che si abitua al continuo riscaldamento dell’acqua per poi essere bollita nella sua indifferenza.
    Io non me la sento di attribuire il titolo di inetti tutto il servizio sanitario statale, proporrei per la seconda, e servirebbe una cosa chiamata coscienza di classe o similari per aver uno stato che funziona per la comunità e che non faccia gli interessi dei 4 oligarchi.

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