Microplastiche: ingeriamo una carta credito la settimana
« L’inquinamento da plastica è ovunque, nell’acqua, nel cibo, nelle nostre case e nei nostri organismi », l’allarme è lanciato dalla ricercatrice Nathalie Gontard sul giornale indipendente francese “Basta!” [1]. La ricercatrice però avvisa: « la plastica diventa davvero pericolosa quando non è più visibile, vale a dire quando è frammentata in micro e nano-plastiche ».
« Nessun essere vivente ha gli strumenti biologici per digerire completamente questa plastica, per degradarla completamente », spiega Nathalie Gontard. « Il risultato – quindi, aggiunge –è un accumulo di corpi estranei che causano disfunzioni biologiche, metaboliche, ecc ».
Secondo uno studio del WWF [2], « in media le persone potrebbero ingerire circa 5 grammi di plastica [2.000 pezzettini di plastica circa, NdR]ogni settimana, che equivale al peso di una carta di credito; sono poco più di 250 grammi all’anno ». Un dato sovrastimato, per altri ricercatori quali l’austriaco Martin Pletz , che però conferma come « è ampiamente concordato sul fatto che le particelle più piccole possono entrare nel flusso sanguigno e negli organi più facilmente delle particelle più grandi ».
… e c’è chi si allarma per “gli insetti a tavola”!
Oltre che a “mangiare” plastica, o micro-plastica, ingeriamo quel che queste molecole di plastica trasportano; « tutti gli inquinanti (pesticidi, ecc.) presenti nell’ambiente ».
Il problema non è solo relativo alla plastica monouso, « ma anche quelle con un lungo uso, negli edifici o nei vestiti [poliestere, ad es., NdR]. Una volta prodotte, le materie plastiche iniziano a logorarsi, degradare e produrre micro e nanoplastiche deleteri », spiega la ricercatrice francese.
Cosa fare? Secondo Nathalie Gontard « uno degli obiettivi è quello di eliminare tutti questi imballaggi inutili, in particolare gli imballaggi in plastica per frutta e verdura fresca ». Infatti, precisa, « di tutte le materie plastiche che utilizziamo, il 40% sono rappresentati da quelle impiegate nella produzione, il trasporto e l’imballaggio dei nostri alimenti, e quindi l’agricoltura e l’agroalimentare ».
« Siamo riusciti a mangiare cibi confezionati in plastica quando non ne abbiamo assolutamente bisogno », afferma la Gontard con disappunto. Rabbia che aumenta quando pensa alle lobby industriali che cercano di rallentare ogni azione per eliminare questi imballaggi.
Certo, queste microplastiche sono anche altrove: « le microplastiche nell’aria derivano per lo più dall’usura degli pneumatici e delle strade che stiamo utilizzando », ricorda. Ma anche dai vestiti in “plastica” che, durante l’uso, si usurano e disperdono frammenti nell’ambiente.
Per Nathalie Gontard siamo difronte ad una vera e propria “bomba a tempo” che colpirà soprattutto le prossime generazioni. La produzione di plastica continua ad aumentare [vedi tabella WWF sotto], infatti.
La soluzione a questo problema, quindi, in conclusione, è … semplice: «la nostra priorità sociale dovrebbe essere quella di ridurre il nostro consumo ». D’ogni cosa, non solo di plastica.
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Fonti e Note:
[1] Basta, 23 gennaio 2024, Sophie Chapelle, “La grande vague de micro et nano-plastiques est en train d’arriver”.
[2] WWF, 13 giugno 2019, “Plastic ingestion by people could be equating to a credit card a week”.
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