Nucleare in Italia, cosa c’è di vero?

Torri di raffreddamento di una centrale termonucleare

Il governo ha annunciato un disegno di legge – delega per riportare il nucleare in Italia. La notizia è arrivata all’improvviso, senza confronto pubblico né dibattito nei media. Una svolta energetica che sorprende, considerando che due referendum popolari (1987 e 2011) avevano già bocciato il nucleare nel Paese.​

Secondo il governo [1], il disegno di legge si inserisce nelle “politiche europee di decarbonizzazione” con orizzonte 2050. Mira anche a garantire “la sicurezza degli approvvigionamenti […] e favorire l’indipendenza energetica”.

La proposta del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin prevede il ritorno alle centrali atomiche, “assicura una cesura netta rispetto agli impianti nucleari del passato (cosiddetti di “prima” o di “seconda generazione”), che oramai sono destinati alla definitiva dismissione”.

L’idea, invece, sarebbe quella di “utilizzare delle migliori tecnologie disponibili, incluse le tecnologie modulari e avanzate”. In altre parole, i reattori EPR di Terza Generazione, oppure – in prospettiva – quelli più futuristici di Quarta Generazione o i mini-reattori modulari (SMR).

Il ministro Pichetto Fratin, su Twitter, mostra convinzione: “Per coniugare la decarbonizzazione alla sicurezza energetica è necessario produrre energia pulita e sicura, serve cioè aggiungere, alle rinnovabili tradizionali, una fonte programmabile come il nucleare”.

Dove e con quali soldi il governo vuole le centrali nucleari?

Il disegno di legge, essendo una legge-delega, passerà ora al Parlamento per la discussione e l’approvazione. Successivamente, saranno necessari i decreti attuativi per definire nel dettaglio come e dove realizzare gli impianti.​ Un processo che potrebbe richiedere mesi se non addirittura anni.

Anche in caso di iter veloce, i tempi resterebbero lunghi.
Prima vanno individuati i siti per le centrali, poi si bandiranno gli appalti e solo dopo si potrà costruire. Una centrale di tipo EPR, cioè di terza generazione, impiega in media 10-15 anni per entrare in funzione, spesso con ritardi. L’EPR di Flamanville (Francia) è in costruzione dal 2007 e non è ancora operativo.​

Resta il nodo delle risorse economiche. Ogni centrale può costare tra i 10 e i 15 miliardi di euro
. Poi ci sono i costi di gestione. Anche gli eventuali investimenti privati, in assenza di certezze sugli incentivi o sul ritorno economico, restano ipotesi tutte da verificare.​ E il conto potrebbe lievitare ulteriormente. Caro materiali e inflazione – fattori tipici del mercato delle opere pubbliche – potrebbero far esplodere ulteriormente i costi, che poi, inevitabilmente, ricadrebbero sulle bollette energetiche di cittadini ed aziende.

Investimenti che rischiano di togliere risorse alla ricerca sull’energia rinnovabile.

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Il nucleare non si può imporre: la parola a politica e cittadini

C’è anche la questione dei terreni: per costruire le centrali serviranno aree vaste, spesso agricole. Si procederà con acquisti o espropri? Anche su questo, il governo non ha fornito dettagli. L’esperienza insegna, poi, che ogni volta che si ipotizza un nuovo sito per infrastrutture complesse, si scatena l’opposizione locale. Il classico schema del “non nel mio giardino” (NIMBY), che in passato ha ostacolato numerose opere pubbliche, potrebbe rallentare o bloccare i progetti.​

Basti pensare che l’Italia non ha ancora stabilito dove allocare i depositi geologici delle scorie, benché ne discuta da svariati anni. Un impasse che mette in discussione la stessa sostenibilità del ritorno all’atomo. Uno studio aveva ipotizzato 52 possibili luoghi [2], di cui una ventina classificati come A1-A2, cioè “molto buone” o “buone”. Tuttavia, le proteste di sindaci e cittadini, ad esempio in Tuscia, nel viterbese [3] [4], han finora fermato tutto.

Le opposizioni hanno espresso forti critiche. In particolare, Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana ha sottolineato come le dichiarazioni del governo facciano riferimento ad un “inesistente nucleare di quarta generazione e alla fusione nucleare, molto lontana nel tempo” (2050 almeno) [5].​ Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, è rimasto più pragmatico: “Il nucleare di ultima generazione? Stiamo parlando di investire nella ricerca e siamo assolutamente favorevoli, ma al momento non si conoscono ancora tutte le ricadute sul piano pratico. I cittadini in Italia il nucleare lo hanno rifiutato, però ragioniamo sulla ricerca, valutiamo quando avremo tutti i dati. Ci ragioneremo” [6].​

É nota la posizione contraria del premio nobel per la fisica Giorgio Parisi.

L’assenza di un dibattito pubblico
vero su un tema così delicato e controverso come il ritorno al nucleare però pesa. Si rischia di decidere dall’alto, ignorando quanto già espresso dagli italiani in due consultazioni referendarie. Il governo “accelera”, ma la strada appare lunga, incerta e potenzialmente molto costosa. Soprattutto, senza un vero confronto democratico, rischia di ripercorrere strade già respinte dagli italiani.

E c’è anche il rischio che tutto ciò non sia altro che una manovra di autopromozione da parte del governo, una propaganda che non è chiara a chi sia realmente rivolta: ai cittadini, alle aziende, o a qualche altro interesse nascosto.

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Fonti e Note:

[1] Governo, 28 febbraio 2025, “Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 116”.

[2] Deposito Nazionale, 31 dicembre 2020, “Proposta di Carta Nazionale delle Aree Poten​zialmente Idonee”

[3] L’Indipendente, 26 febbraio 2024, Valeria Casolaro, “Viterbo: migliaia di cittadini in piazza contro il deposito di scorie nucleari”.

“A prendere parte alla marcia sono stati 60 Sindaci della zona (inclusa la sindaca di Viterbo, Chiara Frontini), il presidente e i consiglieri provinciali, i consiglieri regionali, alcuni parlamentari, il vescovo della Diocesi di Civita Castellana, numerosi comitati civici e circa 200 associazioni. “Non permetteremo a nessuno di imporci decisioni prese dall’alto e non permetteremo a nessuno di calpestare la nostra idea di territorio e del suo sviluppo futuro” ha dichiarato l’Amministrazione Comunale di Corchiano, uno dei Comuni coinvolti. Le preoccupazioni di sindaci ed enti riguardano in particolar modo la messa a rischio del patrimonio archeologico e paesaggistico della zona, insieme all’impatto sulla salute del territorio e, di conseguenza, dei cittadini”.

[4] La Fune, 6 aprile 2025, Roberto Pomi, “Il popolo della Tuscia spazza via l’idea del Deposito Nazionale di Scorie Nucleari, un muro umano di 3mila persone scrive la storia a Vulci”.

“Presenti tantissimi sindaci ma soprattutto una fiumana di cittadini. E i cittadini sono quello che conta. Senza cittadini non si diventa sindaci, non si diventa consiglieri regionali, non si diventa parlamentari della Repubblica. E questo del Deposito Nazionale di Scorie Nucleari è davvero uno spartiacque anche del consenso. Impossibile immaginare che in futuro chi non difenderà il territorio dall’abominio possa prendere anche un solo voto in più di quelli strettissimi dei tradizionali lacchè”.

[5] Wired, 20 agosto 2022, “I partiti pro e quelli contrari al ritorno del nucleare in Italia”.

[6] Il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2022, “Nucleare, Conte ribadisce il no: I cittadini lo hanno rifiutato. Se e quando dalla ricerca arriveranno nuove soluzioni le valuteremo”

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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2 risposte

  1. Filippo ha detto:

    Correzione importante ad un passaggio sbagliato nell’articolo: “due referendum popolari (1987 e 2011) avevano già bocciato il nucleare nel Paese.​” è falso. A nessuno dei 2 referendum era chiesto di esprimersi sull’utilizzo dell’energia nucleare (sono abrogativi e senza valore di legge), ma di abrogare norme marginali al nucleare nel caso del primo (poi sfruttate per giustificarne la chiusura per decisione puramente politica) e abrogare le norme nel decreto legge per la costruzione di nuovi impianti nel secondo. Vi prego di informarvi e leggere dettagliatamente i quesiti dei referendum.

  2. Redazione ha detto:

    Intanto grazie per l’attenzione. Come Lei stesso dice, i referendum non sono “consultazioni”. La costituzione democratico-borghese non riconoscere questo diritto al Popolo. Sono permessi solo se abrogativi di nome e pezzi di norme. Evidentemente quelli del 1987 e del 2011 hanno bloccato l’attività di centrali in costruzione e bloccato il governo Berlusconi all’indomani che il ministro Scajola (se non ricordo male) riproponeva il nucleare. Quindi il senso politico dei referendum era proprio sulla “bocciatura del nucleare” (e anche Lei riconosce il senso politico). E chi deve decidere se non i politici da “noi” eletti?

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