PCL/2: da Rimini un No al Reddito di Cittadinanza
Non può che essere « la difesa del lavoro », per un partito che si chiama Partito Comunista dei Lavoratori uno degli obiettivi strategici della sua lotta.
E questo è, infatti, uno dei punti che sarà dibattuto al VI Congresso nazionale del PCL iniziato oggi a Rimini.
Secondo la filosofia del partito, è il lavoro « unico strumento di autodeterminazione » del cittadino-lavoratore. E pertanto il lavoro va difeso « con l’abolizione di tutte le leggi che hanno precarizzato il lavoro e ne hanno eliminato le tutele ».
Lavoro per tutti che va “costruito” tramite « la ripartizione del lavoro con la riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga; la nazionalizzazione sotto controllo dǝ lavoratorǝ delle imprese che chiudono, inquinano o delocalizzano ».
Lavoro salariato: differenza tra Costituzione italiana e russa (1918)
Una visione, in sostanza, costituzionalista, dato che proprio sul lavoro – almeno in teoria – è basata la Costituzione Italiana ( vedi l’articolo 1 che statuisce come sia “fondata sul lavoro”; e l’articolo 35 che garantisce la “tutela del lavoro” e “i diritti del lavoro”; ).
Ma anche un visione minimalista rispetto all’obiettivo strategico del Partito Comunista dei Lavoratori e che si rinviene nell’articolo 3 della Costituzione Russa del 1918 [1]: « sopprimere qualsiasi forma di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ».
PCL: No ad “un reddito di povertà alternativo al lavoro”
E’ per questo che ci lascia perplessi la posizione espressa dall’area congressuale di maggioranza del PCL: « ci serve lavoro, non un reddito di povertà alternativo al lavoro ».
Una posizione, quest’ultima, che ci sembra addirittura simil-meloniana anti-Reddito di Cittadinanza.
Ci sembra superficiale l’affermazione, nelle tesi del partito in discussione a Rimini, questo essere « contro ogni forma di reddito di autodeterminazione slegato dalla condizione lavorativa, che non garantisce autonomia, ma al contrario prospetta maggiori possibilità di rinchiudere le donne nell’ambiente domestico ».
Abolire il Reddito di Cittadinanza per realizzare il Reddito di Base
Scusate se mi autocito, ma nel mio saggio “La Rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base” (2019, ed. Multimage ) spiego chiaramente [2] che « non si tratta d’un sussidio; è uno strumento per realizzare un diritto: quello di vivere in condizioni dignitose. Il reddito di base libera dalla pressione di dover accettare un impiego a qualunque prezzo. Aumenta la capacità di negoziazione da parte dei lavoratori. È inaccettabile che alcuni debbano lavorare in condizione di semi schiavitù ».
E, ancora, in merito alla posizione femminile, preciso che « se ci riferiamo alle donne, il reddito di base permette loro di uscire dalla dipendenza economica che alimenta molte altre forme di violenza: sessuale, fisica e psicologica. Certamente l’indipendenza economica non risolve alla radice la discriminazione di genere ma la donna, contando su tale reddito, può avere la forza e il tempo per affrontare questo problema ».
Mia posizione che ho ribadito, con dovizia di particolari, in occasione della presentazione del saggio avvenuta a Trapani nel febbraio 2019 [3].
Allora, forse, prima di esprimere posizioni nette contro in sostanza il “Reddito di Cittadinanza”, il PCL avrebbe bisogno di aprirsi alla società che vuole rappresentare, ascoltarla. Non limitarsi al dogmatismo aprioristico, basato su condizioni irreali.
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Fonti e Note:
[1] Costituzione Russa del 1918 [ scarica PDF ].
[2] Reddito di Base, 4 dicembre 2018, “Quali sono i benefici del reddito di base”.
[3] FronteAmpio, 23 febbraio 2019, “Reddito di Base: Trapani, un dibattito tra sordi?“.
Questo mi fa ricordare che il dogmatismo è senz’altro uno dei problemi dei comunisti italiani. Marx non era infallibile come economista . Si dovrebbe prendere coscienza del contesto mutato rispetto al mondo che c’era fino a 50 anni fa . Lo sfruttamento capitalistico a ha assunto nuove forme . anche noi dovremo adattarci. Ci sono novità che Marx non poteva nemmeno immaginarsi come la finanziarizzazione dell’ economia o lo stesso concetto di Fabbrica, oggi scorporato in decine di subappalti, cooperative ecc . Essere ancorati a una visione ottocentesca ci toglie molto .
Io sono favorevolissimo a una qualche forma di reddito in quanto forma di sostentamento per chi non lavora. Fermo restando che appunto si tratta di un modo per salvaguardare la dignità e la sicurezza ci queste persone. Le soluzioni sono altre , come ad esempio la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario (se consono) .
il NO al reddito di cittadinanza è un No alla politica clientelare di Conte, occorre attivare politiche occupazionali e sostenere chi è inabile al lavoro, chi ha un’età quasi pensionabile e non ha lavoro e non ultimo integrare il reddito a chi non è nelle condizioni di vivere con quelo che guadagna col proprio lavoro. Tutti devono contribuire al “bene comune” secondo le proprie forze e capacità.
Indubbiamente così dice la Costituzione. Ma il RdC è uno strumento indiretto per aumentare le retribuzioni e, comunque, ottenere condizioni di lavoro più favorevoli ( orario di lavoro accettabile, ferie e permessi ). Col RdC è chiaro: non si accetta un lavoro da schiavo come quello che, di norma, propongono piccoli commercianti e piccoli imprenditori. Questa è la sua principale utilità. Chi non lo comprende non ha una visione ampia del problema lavoro oggi in Italia.