Valigia Blu lascia Meta e invita tutti a farlo


«È tempo di ripensare il nostro stare insieme digitale, decidere noi come stare in questi spazi condivisi online» [1]. Con questa frase, pochi giorni fa, il blog indipendente Valigia Blu ha annunciato che entro il 2025 smetterà di pubblicare nuovi contenuti su Facebook (dove conta 165.000 follower) e Instagram (43.000 follower), i social network di Mark Zuckerberg.

Una scelta forte, motivata dalla volontà di sottrarsi alla logica delle grandi piattaforme commerciali e di incentivare modelli alternativi di informazione e condivisione.

Alternative possibili, ma impegnative

«Non è vero che non ci sono alternative a Meta e Twitter/X» spiegano dal blog, «ma percorrerle richiede sforzo, impegno, ingegno e anche qualche sacrificio. Ci sono sicuramente dei costi da pagare, ma considerando la posta in gioco ne vale assolutamente la pena».

Per restare aggiornati, gli utenti di Valigia Blu sono invitati a iscriversi alla newsletter del blog, seguire i profili su Telegram (dove Valigia Blu conta appena 7.200 follower), Bluesky (8.800 follower), Mastodon (8.700) e LinkedIn (4.700), o scaricare la futura app di Valigia Blu, che includerà notifiche in tempo reale.

Valigia Blu aveva già abbandonato le pubblicazioni su Twitter/X il 28 ottobre 2024 [2], sia pure senza però chiudere l’account (90.000 follower). Una decisione seguita anche da grandi testate internazionali come The Guardian (che ha smesso di pubblicare su Twitter/X il 13 novembre 2024, nonostante i suoi 10,7 milioni di follower) e Le Monde (11,1 milioni di follower, con l’ultima pubblicazione il 20 gennaio 2025).

L’accusa a Zuckerberg e la deriva delle piattaforme social

Alla base della decisione di Valigia Blu c’è una denuncia chiara contro Mark Zuckerberg e la direzione presa da Meta. La spiegazione delle decisioni fornita dal blog è, in sostanza, questa: «perché la proprietà si è compromessa attivamente con il regime e l’ideologia trumpiana, ossia una visione brutale e spietata delle relazioni umane e dei diritti umani, una concezione del potere assoluta e autoritaria, un disprezzo per le più importanti istituzioni democratiche».

«Zuckerberg è volato a Mar-a-Lago per incontrare Trump, ha donato un milione di dollari al fondo per l’insediamento del presidente, ha fatto entrare Dana White – amico di Trump e presidente della UFC – nel consiglio d’amministrazione di Meta, ha ordinato la cessazione dei programmi di diversità, inclusione ed equità dell’azienda e ha addirittura fatto rimuovere i temi LGBTQ+ di Messenger».

L’accusa è netta: Zuckerberg starebbe avallando una visione autoritaria della società, abbattendo i costi per aumentare l’engagement, lasciando campo libero alla propaganda e alla disinformazione. «Aderendo alla visione di società ben rappresentata da Trump e dai suoi alleati, Zuckerberg può abbattere i costi, ottenere più engagement sulla piattaforma grazie al ‘libera tutti‘ e compiacere il nuovo imperatore sul trono».

Privacy, sanzioni e il modello “pay or consent”

Ma oltre alle questioni politiche, c’è un altro nodo cruciale: la privacy. Meta ha ricevuto sanzioni per 1,2 miliardi di euro dall’Unione Europea per la violazione del GDPR, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali. La risposta dell’azienda? Lanciare un modello “pay or consent”, la cui legittimità è peraltro molto dubbia: o si paga un abbonamento mensile per usare i social senza pubblicità, oppure si accetta di regalare i propri dati personali in cambio dell’accesso gratuito.

Un escamotage per aggirare le norme europee, che solleva interrogativi inquietanti sul valore attribuito alla privacy degli utenti.

Una scelta consapevole: restare o andarsene?

L’autore dell’articolo, la fondatrice di Valigia Blu Arianna Ciccone, ammette di essere stata «sin dai primi anni una attivista dell’uso dei social network. E sin da subito per me era chiaro che i giornalisti, i media avrebbero dovuto essere lì dove c’erano le persone».

«Avevamo salutato l’avvento dei social come l’era della disintermediazione: una liberazione dall’oligopolio dei media mainstream, che decideva chi poteva avere voce nella discussione pubblica e chi no», aggiunge.

Dello smisurato potere di vita o di morte di Meta io ne ero accorto da tempo: quando Facebook cancellò il profilo dell’attivista no-vax Sara Cunial, ad esempio, o quando, ubbidendo al diktat del presidente statunitense Biden, cancellò il giornale russo RT, e pure mentre consentiva la russofobia.

Ma oggi Valigia Blu ammette l’errore: «Siamo finiti nel giro di pochi anni nelle mani di una manciata di miliardari oligarchi assetati di potere e denaro, senza scrupoli». Zuckerberg ha da tempo penalizzato i link esterni, cercando di rendere irrilevante il giornalismo indipendente. Oggi, sui social di Meta, i contenuti di qualità emergono solo ‘per caso‘, mentre la piattaforma favorisce «propaganda, disinformazione e discorsi d’odio».

Il risultato è davanti gli occhi di tutti: «Di fatto dentro quelle piattaforme siamo già irrilevanti, algoritmicamente e culturalmente».

Valigia Blu non ha dubbi: «L’assalto all’informazione e alla democrazia è solo all’inizio»,

Poi la domanda è rivolta a tutti: «Vogliamo davvero continuare a essere pedine di questo gioco cupo e malato? Subire l’umiliazione di essere ingranaggi che alimentano queste macchine con la nostra presenza, i nostri contenuti, la nostra partecipazione attiva alle discussioni, i nostri like?».

Un interrogativo che invita alla riflessione, perché il cambiamento è possibile. Richiede sacrificio, certo. Ma ne vale la pena.

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Fonti e Note:

[1] Valigia Blu, 24 gennaio 2025, Arianna Ciccone, “Addio Facebook e Instagram: è ora di ricostruire le nostre case digitali”.

[2] Valigia Blu, 28 ottobre 2024, “Perché abbiamo deciso di lasciare X di Elon Musk”.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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