Sfruttamento lavoro e droga: è il capitalismo, baby!
Le Parisien [1] ritorna sul tema della diffusione della “nuova” droga, quella dell’aspirazione del protossido di azoto, ovvero dei “gas esilaranti”. Sempre la stampa internazionale a centrare i temi più interessanti quando si va a leggere la Rassegna Stampa online.
L’Osservatorio francese sulle droghe [2] spiega che « il protossido d’azoto non è classificato nell’elenco degli stupefacenti » e che è di facile acquisto, poiché distribuito nei supermercati (oppure online) dentro « piccole bombole di gas destinate alla produzione di panna montata, da dove viene inalato il gas ».
Tuttavia, « il protossido di azoto viene consumato dalle popolazioni delle scuole superiori e degli studenti, [per la] facilità di accesso al prodotto (stato legale), effetti apprezzati per la loro velocità di aspetto (improvvisa euforia) e la loro transitorietà (pochi minuti) ».
Ma il consumo, se persistente nel tempo, non è libero da conseguenze gravi e forse irreversibili: « degradazione delle funzioni cognitive come concentrazione e capacità di memoria ».
Su FronteAmpio ne avevamo già parlato in passato.
Certo vien da domandarsi sul perché un adolescente abbia bisogno di droghe per raggiungere una effimera euforia. Quali i “valori” che la civiltà del capitalismo suggerisce loro.
Un’ultima notizia da segnalare al lettore è quella di Publico [3], giornale portoghese.
Qui si scopre che « solo una piccola minoranza vive con i soldi che riceve da Spotify e da altre piattaforme, ma tutti [i musicisti, NdR] sostengono che è necessario essere presenti su queste piattaforme per esistere dal punto di vista del mercato ». Insomma, chi ci guadagna denaro è, quasi sempre, solo la piattaforma: « Daniel Ek, co-fondatore e CEO di Spotify, ha ricevuto quasi 345 milioni di dollari (quasi 316 milioni di euro) per le azioni della società venduta dal luglio dello scorso anno », rivela infatti ancora Pubblico [4].
In altre parole, queste piattaforme digitali si rivelano per quel che sono: solo degli enormi contenitori pubblicitari pagati dai musicisti ( coi diritti d’autore ceduti ), e dagli utenti ( coi dati personali ).
Un motivo per prenderne le distanze e ricercare altri strumenti di “consumo” della musica e dei servizi in genere, che non sfruttano chi lavora e che non spiano i nostri dati personali.
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Fonti:
[1] Le Parisien, 22 agosto 2024, “Les accidents liés au gaz hilarant se multiplient : « Ce qui est nouveau, c’est la fréquence d’utilisation »”.
[2] Osservatorio francese sulle droghe, “Protoxyde d’azote – Synthèse des connaissances”.
[3] Publico, 23 agosto 2024, “A música gravada voltou a dar muito dinheiro – mas não aos músicos”.
[4] Publico, 23 agosto 2024, “O streaming salvato l’industria. Ma ha condannato i musicisti?”.
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