Mugno: l’Antigruppo, esempio underground siciliano
L’Antigruppo Siciliano è stato tra i più interessanti movimenti artistici e culturali sorti in Sicilia nel Novecento. Esso mosse i suoi primi passi nel 1966, dalla provincia di Trapani. Si estese gradualmente a tutta la Sicilia e determinando contatti con i centri underground italiani e di altre parti del mondo. Questi autori miravano a ricavare un proprio spazio artistico-politico e a dare voce alle classi subalterne, a quanti non possono esprimersi, neppure letterariamente, a causa del soffocamento imposto dalla grande industria e dai sostenitori dello status quo.
Gli strumenti a cui fece inizialmente ricorso furono i recital, i ciclostilati, le manifestazioni di piazza, i dibattiti nelle scuole, nei luoghi di lavoro, la “poesia murale”, le mostre di disegni e dipinti.
Tra gli scritti teorici dell’Antigruppo, di fondamentale importanza sono i “21 punti” di Nat Scammacca, pubblicati nella terza pagina del periodico Trapani Nuova (di cui egli fu curatore dal 1968 al 1991) nel gennaio del 1969. I postulati di Scammacca, che fu tra i principali “teorici” del movimento, talvolta non privi di contraddizioni interne, ad una sintesi estrema, tendono ad affermare il principio secondo cui la letteratura e, più in generale, l’arte, dovrebbero servire alla realizzazione effettiva e piena della libertà e della democrazia.
In tale chiave si spiegherebbero l’enfasi riposta nel “tono” […], il loro “contenuto”, la loro carica di “passione”. Fuori da questo, a dire di Scammacca, vi sarebbero la menzogna, l’artificio, il mestiere, la cosca, il celebralismo, l’autoritarismo. Ciò che la letteratura dovrebbe impersonare e preservare sono la periferia, le piccole comunità, gli autori marginalizzati, le realtà sommerse e soffocate.
Scammacca e gli autori “antigruppo”, si contrappongono, nelle loro scelte, al movimento letterario del “Gruppo 63” (formalizzato proprio in Sicilia, a Palermo), ma anche alla poesia ermetica dei Montale e degli Ungaretti. Tutti questi sarebbero colpevoli di sostenere «scritti generici e impersonali» [1], di abbandonarsi ad atteggiamenti «schizofrenici e freudiani», di «ragionare con la lingua tradizional-capitalistica», di difendere lo stato di fatto e di essere anticonformisti di maniera, di parlare soltanto a se stessi, di essere “carrieristi”.
La stessa denominazione dell’Antigruppo esprimerebbe la natura anormale e conflittuale dello stesso consorzio letterario. Tipica, perciò, di questo movimento, è la polemica, talvolta lacerante, tra gli stessi aderenti.
Scammacca, quindi, distingue tra letteratura di destra e di sinistra. Quest’ultima sarebbe quella che polemizza costantemente contro il sistema; di destra sarebbe quella che, con le astuzie e gli artifici, vorrebbe soggiogare gli altri, che «getta fumo negli occhi del lettore», quella marxista – freudiana -autoritaria – incomprensibile».
[Tuttavia] Nella presentazione del secondo volume di Antigruppo 73, Santo Calì, con spiccatissimo pragmatismo, s’interroga sulla concreta portata della poesia cosiddetta di contestazione, sulla sua immediata forza di incidenza e dirompenza nella società. Alfredo Maria Bonanno – un “antigruppo” di Catania – viene arrestato il 29 ottobre 1972 per aver scritto e pubblicato, in un articolo apparso sul numero unico della catanese “Sinistra Libertaria”, frasi eversive incitanti all’insurrezione popolare [ “La gioia armata”, PDF ]. Sarà condannato a due anni di reclusione. [In proposito] Precisa Calì: «In Sicilia – ormai da tempi immemorabili – pensare e dire francamente quello che si pensa è reato». E provocatoriamente Calì chiede che «fica» (secondo l’uso comune e riconosciuto del termine) venga scritto a piena pagina e con carattere bodoniano, ripromettendosi di distruggere tutto ciò che assomigli a un libro che provenga dalla propria penna e, poi, aggiunge: «Bisogna scrivere non scrivendo».
Di Antigruppo Siciliano si parlerà al “Festival delle Libertà” a breve a Trapani.
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Credits: Photo by charlesdeluvio on Unsplash
Fonti:
Il testo di quest’articolo è integralmente tratto dall’opera del prof. Salvatore Mugno “Novecento letterario trapanese”, edita dall’Istituto Siciliano di studi politci ed economici, 2006. Si ringrazia l’autore per il dono di tal “lavoro” alla collettività e per avercene regalato una copia.
Salvatore Mugno (Trapani, 9 luglio 1962) è un saggista, romanziere e traduttore italiano. Tra i suoi lavori più recenti vi sono alcuni saggi riguardanti il capomafia Matteo Messina Denaro (Lettere a Svetonio e Un padrino del nostro tempo) e magistrati vittime della mafia: Giangiacomo Ciaccio Montalto (Una toga amara) e Giovanni Falcone (Quando Falcone incontrò la mafia).
[1] SCAMMACCA Nat, Una possibile poetica per l’Antigruppo (1970).
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