Carne rossa e insaccati: meglio salute o guadagno?

La domanda è semplice, ma fondamentale: salute o lavoro e guadagno? Non dovrebbe esserci dubbio. L’economia, per essere legittima e sostenibile, deve rispettare la salute e la sicurezza dei cittadini. Lo dice anche l’articolo 41 della nostra Costituzione: “L’iniziativa economica privata non può svolgersi […] in modo da recare danno alla salute”.

Se questa è la regola, perché nel 2015, quando l’IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) classificò la carne rossa, soprattutto quella lavorata – insaccati, salumi, wurstel e simili –, tra i possibili cancerogeni, non venne fatto nulla di concreto per tutelare i cittadini? 1 2

L’IARC, con i suoi studi, aveva associato il consumo di carne rossa, inspecie se lavorata, a un aumento del rischio di cancro al colon, il secondo più frequente in Italia, soprattutto in soggetti predisposti geneticamente. La notizia fece scalpore per pochi giorni: ci furono polemiche, qualche protesta dai produttori di carne e alcune dichiarazioni di facciata da parte delle istituzioni, tra cui il Ministro della Salute dell’epoca, Beatrice Lorenzin. Poi, il silenzio.

IL PATRIOTTISMO ECONOMICO CHE OFFENDE LA SALUTE PUBBLICA

Uno degli aspetti più scandalosi di quella vicenda fu la reazione di Coldiretti, che lamentò il rischio di “180.000 posti di lavoro” e di un impatto su un settore che rappresenta 32 miliardi di euro, ovvero un quinto dell’intero agroalimentare italiano3. È stato detto che l’allarme dell’IARC era dannoso per il Made in Italy. Ma qui non si tratta di “patriottismo” o di economia: si parla di salute, di vite umane.

Pensare che un’agenzia scientifica come l’IARC, che si basa su anni di ricerca e studi indipendenti, abbia agito per danneggiare il settore alimentare italiano è ridicolo, oltre che offensivo. Il vero scandalo è che, invece di adottare misure per informare e proteggere i consumatori, si sia scelto di ignorare il problema.

LEZIONI DALLA REGOLAMENTAZIONE DI ALCOOL E TABACCO

Non è vietato consumare alcol o fumare, ma ci sono regole stringenti che limitano la pubblicità e invitano alla moderazione 4. Perché non si fa lo stesso per la carne rossa e gli insaccati? Nessuno chiede di vietarli, ma almeno di educare i consumatori sui rischi e di promuovere un uso moderato.

Se il consumo di un prodotto è associato a rischi per la salute, è responsabilità delle istituzioni intervenire, con campagne informative, regolamentazioni più rigide e linee guida chiare per i cittadini5 .

CARNE ROSSA E SALUMI: LA SALUTE PRIMA DEL PROFITTO

Il silenzio su temi come questo non è accettabile. Dobbiamo chiedere trasparenza e tutela per i consumatori. La salute pubblica non può essere sacrificata per proteggere posti di lavoro o profitti di un settore economico. Quando le istituzioni ignorano i rischi o preferiscono il “quieto vivere” agli interventi necessari, tradiscono il loro ruolo fondamentale: difendere la salute e il benessere della collettività.

Non è patriottismo difendere un prodotto che può mettere a rischio la salute delle persone. È, invece, un dovere tutelare il diritto dei cittadini a essere informati e protetti. La salute deve venire prima di tutto.

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FONTI E NOTE:

IMMAGINE: Foto di Jez Timms su Unsplash.

1 – IL SOLE 24 ORE, 26 ottobre 2015, “Studio Oms: wurstel e carni lavorate sono cancerogeni”,

2MARIA CLAIRE, 9 ottobre 2017, “La carne rossa fa male? Le risposte dell’Airc e altri istituti di ricerca”.

3ANMVI OGGI, 27 ottobre 2015, “Carni, reazioni al parere dell’OMS: allarmismo non serve”.

4FOCUS, “Salute OMS, salumi e insaccati ufficialmente cancerogeni”.

5WCRF, 23 ottobre 2015, “Red meat and bowel cancer risk – how strong is the evidence?”.

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Natale Salvo

Nato e cresciuto nella terra del “Gattopardo”, la Sicilia. Ha dedicato la propria esistenza all'impegno sociale. Allenatore di una squadretta di calcio di periferia, presidente del circolo di Legambiente, candidato sindaco per il Partito Umanista. Infine blogger d’inchiesta; ha pagato le sue denunce di cattiva amministrazione con una persecuzione per via giudiziaria. E' autore del libro "La rivoluzione copernicana chiamata Reddito di Base", edito da Multimage, Firenze.

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Una risposta

  1. Gaetano ha detto:

    Grazie per ciò che fai,! L’articolo è davvero interessante e ci dà uno spaccato della grande propensione al profitto di determinate aziende.

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