Un obiettivo impossibile col capitalismo: l’eguaglianza
Venerdì 1 marzo è la “giornata contro le discriminazioni”.
L’obiettivo del “Goal 10” dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite (ONU) è proprio quello di « promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico » [1].
Un obiettivo, peraltro, già proprio dell’articolo 3 della Costituzione italiana del 1948: « … rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana … ».
A tale scopo, l’ONU spiega che gli stati dovrebbero « adottare politiche, in particolare fiscali, salariali e di protezione sociale, per raggiungere progressivamente una maggior uguaglianza ».
Ma ciò è possibile in un’economia di mercato, è possibile in un sistema economico capitalista ?
La risposta la da’ l’ISTAT: No. « Rispetto al 2005, quando il fenomeno coinvolgeva poco più di 800 mila famiglie, nel 2021 la povertà assoluta è più che raddoppiata, arrivando a interessare 1 milione 960 mila famiglie (il 7,5 per cento del totale; il 9,4 per cento degli individui ovvero 5,6 milioni di persone) » [2].
I motivi sono ben conosciuti:
- pensioni sociali esigue per chi non ha accumulato contributi nell’età lavorativa,
- occupazioni precarie ( tanti i lavoratori impiegati solo 3-4 mesi all’anno, specie nel settore Ho.Re.Ca, che per circa 4 milioni di dipendenti si traduce in una retribuzione sotto i 12.000 euro annui ),
- disoccupazione.
« In Italia la percentuale di reddito in possesso del 40% più povero della popolazione è diminuita: 19,3% rispetto al 19,5% del 2016 ed è scesa di 1 punto percentuale rispetto al 2009. L’Italia si pone al di sotto della media europea (20,9%) e agli ultimi posti della graduatoria » [2].
Fino lo scorso hanno in Italia si cercava di far fronte a questa povertà assoluta col “Reddito di Cittadinanza” che offriva a « 1 milione 600 mila famiglie (3 milioni 700 mila le persone coinvolte), un importo medio mensile di circa 530 euro » [2]. Com’è noto, tuttavia, senza particolari proteste sindacali, questo strumento è stato ridimensionato dal regime conservatore filo-industriale guidato da Giulia Meloni.
Ad aggravare la situazione, il rifiuto di questo stesso governo di intervenire sul salario minimo ( « circa 1,3 milioni di dipendenti, il 9,4 per cento del totale, sono a bassa retribuzione oraria (inferiore a 8,41 euro l’ora) » [2].
E, ancora, l’incapacità dimostrata dal regime Meloni, come dai precedenti guidati da Conte e Draghi, di prevenire e controllare l’inflazione. Per il 20% delle famiglie più povere, infatti, è difficile ridurre i consumi di beni e servizi essenziali ( alimentari ed energia ) e quindi di mitigare gli effetti del vertiginoso aumento dei prezzi al consumo iniziato nel 2021!
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Fonti e Note:
Credits: Foto di Clay Banks su Unsplash
[1] Unric, “Obiettivo 10: Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni”.
[2] ISTAT, “Rapporto annuale 2022”.
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