XII Congresso Rifondazione: scontro sulla “Linea Acerbo”

Al XII Congresso del Partito della Rifondazione Comunista, svoltosi dal 7 al 9 febbraio a Montecatini Terme, non sono mancati momenti di acceso confronto tra le diverse anime del partito.
Tra le voci più critiche nei confronti della Linea Acerbo, si è distinta quella della delegata avellinese Michela Arricale, che ha definito i suoi sostenitori «surfisti della politica», accusandoli di «cambiare posizione a seconda del vento» e di promuovere «un opportunismo istituzionalizzato».
«Abbiamo capito che il comunismo, così com’è, vi mette a disagio» – ha dichiarato la Arricale riferendosi alle neo definizione di comunista democratico coniata da Maurizio Acerbo – «Non si può nominarlo senza appiccicargli un aggettivo, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi. Eppure, metà del Partito continua a definirsi orgogliosamente comunista».
Nel suo intervento, ha attaccato la deriva del PRC, sostenendo che avvicinarsi al Partito Democratico significhi perdere credibilità come forza di opposizione. «Più ci avviciniamo a chi finanzia e fomenta la guerra, più scompariamo come costruttori di un’alternativa di pace», ha insistito. Secondo la Arricale, solo la nascita di un Terzo Polo potrebbe garantire un futuro basato su pace, uguaglianza e giustizia.
Il nodo delle alleanze e la crisi del partito
Alla Arricale ha fatto eco la milanese Mara Ghidorzi, che ha criticato la direzione del partito per il fallimento del progetto elettorale “Pace, Terra e Dignità”: «Ci siamo svenduti a Santoro, un personaggio egocentrico che si è messo capolista in tutta Italia».
Ghidorzi ha inoltre denunciato la sfiducia diffusa nei confronti della forma partito, reclamando un ricambio generazionale alla guida del PRC.
Sulla stessa linea, Nello Patta, responsabile nazionale Lavoro, ha contestato Acerbo sull’idea che non ci sia spazio per un Terzo Polo: «Il Terzo Polo esiste già, ed è il Movimento Cinque Stelle». Inoltre, ha rifiutato qualsiasi ipotesi di accordo con il PD, sottolineando come anche il centrosinistra abbia contribuito alla devastazione sociale del Paese.
«La crisi di Rifondazione è iniziata con l’alleanza con Prodi», ha affermato Patta, concludendo che la mozione Acerbo ripercorre una strada già sbagliata.
L’ex segretario Paolo Ferrero ha espresso un giudizio netto sul PD, definendolo «un partito strutturalmente rappresentante degli interessi delle classi dominanti» e non una forza socialdemocratica, ma liberal-democratica.
Anche il segretario provinciale di Bologna, Riccardo Gandini, ha criticato la vicinanza al centrosinistra, affermando che la destra ha avuto strada spianata proprio dallo spostamento a destra del PD. Rifondazione, ha aggiunto, deve «costruire un Fronte per la Pace, senza rapportarsi con partiti legati alla NATO o che non prendono una posizione chiara sul genocidio nella Striscia di Gaza».
«Il vero “Campo Largo” è quello che si astiene», ha dichiarato ancora, denunciando che per anni sono state fatte liste elettorali ridicole. Non è mancato un attacco frontale al congresso stesso: «Imbecille chi dice che ha vinto con il 51%».
Più cauto Nicolò Martinelli, che ha incalzato Acerbo con un significativo: «Siamo rivoluzionari, non ragionieri».
Per la fiorentina Monica Scherli, il partito è a un bivio: «O svolta o implosione».
Il nodo della strategia politica
Al dibattito ha partecipato anche Umberto Spallotta (Anzio), che ha ribadito che il PRC deve costruire una società alternativa a quella imposta dalla classe dominante, rifiutando ogni alleanza elettorale con il PD, che ha definito «gli agenti del capitale finanziario mondiale».
Sul tema della militarizzazione, Enrico Lai, segretario del PRC Sardegna, ha denunciato il ruolo dell’isola come obiettivo militare sensibile, ricordando che il 70% delle basi militari straniere in Italia si trova proprio lì. Ha anche sottolineato le difficoltà nei collegamenti tra la Sardegna e il resto del Paese.
Infine, l’intervento di Ramon Mantovani, storico dirigente del PRC, ha posto l’attenzione su un nodo cruciale: il sistema elettorale maggioritario. «Se non capiamo che la legge elettorale è un problema, non capiamo niente» – ha affermato – ricordando come il sistema attuale abbia cancellato Rifondazione dal Parlamento, riducendolo a un partito testimoniale senza prospettive. Si è detto contrario al Terzo Polo, perché sostenitore del proporzionale, e ha citato i fallimenti delle collaborazioni con Rete dei Comunisti e Sinistra Critica.
Ha poi fatto una distinzione tra elezioni politiche e amministrative: «Nei Comuni e nelle Regioni non si vota per la guerra», evidenziando la necessità di una strategia politica differenziata tra livello locale e nazionale.
Unisciti alla conversazione …
Hai idee o esperienze da condividere su questo argomento? Il tuo punto di vista è unico e importante. Condividilo nell’area commenti più giù e aiutaci a vedere le cose da una nuova angolazione.
Commenti più recenti